Gli esperti di tutto il mondo sono d’accordo: il Coronavirus ha messo in luce l’incapacità di molti Paesi di produrre vaccini autonomamente, ed ha messo in ginocchio le campagne vaccinali in molti Paesi sottosviluppati. L’Africa, in tal senso, rappresenta il caso più emblematico: solo l’1% dei vaccini viene prodotto sul continente mentre il restante delle dosi utilizzate viene importato dall’estero. Capi di Stato e responsabili dei vari sistemi sanitari dei Paesi africani hanno detto basta: l’Africa produrrà da sé i vaccini.
Vaccini: l’Africa li produrrà da sé
Il 13 aprile scorso i governi del continente africano hanno sottoscritto un accordo formale per aumentare la produzione dei vaccini dall’1% al 60% entro il 2040[1]. La pandemia li ha resi consapevoli della propria vulnerabilità e della dipendenza dalla produzione estera. Il vertice organizzato da Africa CDC (Africa Centers for Disease Control and Prevention) ed Unione Africana ha visto la partecipazione di oltre 40 mila delegati tra capi di stato, leader della ricerca, dell’economia, della società civile e della finanza.
L’Africa, nonostante conti una popolazione di 1,2 miliardi di persone per 54 Paesi, riceve per il 99% vaccini attraverso organizzazioni benefiche come l’UNICEF. Generalmente GAVI, associazione che riunisce donatori internazionali e aziende farmaceutiche, acquista vaccini a basso costo mentre l’UNICEF si occupa della loro distribuzione capillare nei Paesi più poveri.
Attualmente, in tutto il continente sono una decina i produttori, di cui solo quattro sono in grado di produrre un vaccino: uno a Dakar (Senegal), uno a Tunisi (Tunisia), uno a Città del Capo (Sudafrica) ed uno ad Algeri (Algeria). Altre due aziende, una in Etiopia ed una in Nigeria, vorrebbero seguire l’esempio delle altre quattro già produttive mentre altre due ritengono di potersi occupare di fornitura, imballaggio ed etichettatura.
Vaccini: non basta la volontà, servono soldi e regolamenti
Per produrre vaccini sono necessarie alcune condizioni:
- Finanziamenti milionari
- Ricerca continua
- Governi stabili in grado di sostenere il loro acquisto
- Regole che seguano gli standard internazionali[2].
Al momento in Africa queste condizioni mancano. Il sistema di regolamentazione dell’uso dei farmaci cambia da Stato a Stato, tra chi è più rigido e chi meno. Questa disomogeneità ha spinto alla costituzione dell’AMA (Agenzia Africana per i Medicinali) sul modello dell’EMA europea. Solo per questo passo servono 100 milioni di dollari e non tutti i Paesi africani hanno firmato il trattato internazionale.
Un elemento positivo è la recente costituzione anche dell’Area di libero scambio dell’Unione Africana che prevede la caduta delle barriere doganali, con sostanziale (si spera) aumento dell’import-export, e che potrebbe portare benefici anche sullo scambio reciproco di vaccini ad una tassazione inferiore.
La Banca Africana dello Sviluppo, dal canto suo, vorrebbe sostenere i costi per l’avvio di due nuove piattaforme tecnologiche in grado di produrre 300 milioni di dosi di vaccino annue: il tutto con 400 milioni di dollari.
Fino a questo momento è stato il Serum Institute di Pune (India) il più grande di fornitore di vaccini per il continente africano, importandone per il 70% (è anche il più grande produttore al mondo con un miliardo e mezzo di vaccini prodotti all’anno). L’Africa punta, dunque, all’emancipazione ma servono impegno politico, finanziamenti a lungo termine e cooperazione regionale.
Vaccino anti malaria: primi risultati promettenti
Nonostante la grande diffusione e l’approfondita conoscenza della malaria, una malattia trasmessa attraverso le zanzare che uccide 400 mila perso l’anno, ancora oggi non esiste un vaccino efficace che possa debellarla. Alcuni studi condotti dall’Università di Oxford[3], però, sono promettenti.
In Burkina Faso è stata effettuata una sperimentazione su 450 bambini (età compresa tra 5 e 17 mesi) vaccinati con un nuovo siero, con un periodo di follow-up di 12 mesi: il vaccino si è dimostrato efficace al 77%, una quota superiore a quella richiesta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) che è del 75%[4]. Nelle sperimentazioni passate su potenziali vaccini anti malaria, infatti, il massimo della copertura raggiunta era del 55%, insufficiente ad essere approvati.
Una notizia che fa ben sperare soprattutto in quei Paesi sottosviluppati, carenti a livello sanitario, duramente colpiti, ancora oggi, da questa malattia. Vittime del contagio, infatti, sono soprattutto i bambini al di sotto dei 5 anni di età dell’area subsahariana. La malaria è una malattia difficile da estirpare a causa dei suoi migliaia di geni che la rendono resistente.
Ovviamente si tratta di uno studio clinico preliminare. I ricercatori sperano di ottenere risultati altrettanto positivi in fase III della sperimentazione che coinvolgerà un numero maggiore di persone: si parla di circa 5.000 bambini tra i 5 mesi ed i 3 anni di età, in quattro Paesi africani.
L’effetto Covid19
I ricercatori che hanno lavorato alla ricerca di un vaccino efficace contro la Covid19 hanno tratto grande beneficio dallo studio sul vaccino anti malaria. Infatti, il successo e la rapidità nello sviluppo del siero Vaxzevria (o Astrazeneca) si deve anche a questa indagine condotta a partire dal 2019 in Burkina Faso. Ma, se da un lato abbiamo tratto beneficio dagli studi precedenti per lottare contro il Coronavirus, non si può dire lo stesso per altre malattie come tubercolosi, morbillo e poliomielite.
Medici e scienziati di tutto il mondo si dicono preoccupati per gli effetti[5] a lungo termine a cui potremmo assistere nei prossimi anni a causa del blocco causato dal Coronavirus. L’India, per fare un esempio concreto, è uno dei Paesi più attenti alla raccolta dati in tempo reale sui casi di tubercolosi. Con l’arrivo della pandemia le rilevazioni sono scese del 70% in un mese: personale medico e risorse economiche sono state deviate altrove e la popolazione evita di recarsi negli ospedali per farsi visitare per paura del contagio. Il rischio di tornare indietro di decenni nella lotta a queste malattie è tutt’altro che remoto.
Per dare, a grandi linee, la misura del fenomeno, la tubercolosi uccide 1,4 milioni di persone l’anno, circa 2 miliardi di persone hanno contratto l’infezione pur non avendone mostrato i segni e si stima che, a causa della Covid19, moriranno 500 mila persone in più.
Oltre alla tubercolosi c’è il rischio del dilagare di poliomielite e morbillo
Come per la tubercolosi anche altre malattie rischiano, in alcune aree del mondo, di causare più morti del Coronavirus. Il morbillo è una delle malattie più contagiose ed uccide circa il 3-6% delle persone contagiate nei Paesi poveri. Nonostante l’OMS abbia fornito indicazioni, molte nazioni africane non hanno ancora ripreso le vaccinazioni.
Il distanziamento sociale richiesto per evitare il contagio da Coronavirus avrà influito anche sul rischio di contrarre il morbillo ma gli esperti temono che si tratti di uno specchio per le allodole come già accaduto con Ebola.
Stessa sorte per la poliomielite, una malattia che nell’ultimo anno si è diffusa anche in aree in cui finora era assente: ignoranza, superstizione e notizie false hanno fatto il resto.
L’emergenza, al momento, è rappresentata dalla Covid19 ma, come questi dati ci dimostrano, il rischio è di ritrovarsi con nuove bombe epidemiche tra le mani pronte ad esplodere tra pochissimo tempo. Il continente africano deve correre se vuole diventare autonomo nella produzione vaccinale e far fronte tempestivamente alle epidemie che verranno.
Immagine di copertina: Foto di Mat Napo su Unsplash.
[1] A. Irwin, “How COVID spurred Africa to plot a vaccines revolution”, Nature, 2021. Consultabile al seguente indirizzo: https://www.nature.com/articles/d41586-021-01048-1?utm_source=Nature+Briefing&utm_campaign=66f7fb2685-briefing-dy-20210421&utm_medium=email&utm_term=0_c9dfd39373-66f7fb2685-46136706
[2] Ibidem.
[3] Philippa Roxby, “Malaria vaccine hailed as potential breakthrough”, BBC, 2021. Consultabile al seguente indirizzo: https://www.bbc.com/news/health-56858158
[4] Heidi Ledford, “Malaria vaccine shows promise — now come tougher trials”, Nature, 2021. Consultabile al seguente indirizzo: https://www.nature.com/articles/d41586-021-01096-7?utm_source=Nature+Briefing&utm_campaign=45f365100e-briefing-dy-20210427&utm_medium=email&utm_term=0_c9dfd39373-45f365100e-46136706
[5] Leslie Roberts, “How COVID hurt the fight against other dangerous diseases”, Nature, 2021. Consultabile al seguente indirizzo: https://www.nature.com/articles/d41586-021-01022-x?utm_source=Nature+Briefing&utm_campaign=66f7fb2685-briefing-dy-20210421&utm_medium=email&utm_term=0_c9dfd39373-66f7fb2685-46136706
Autore articolo
Martina Shalipour Jafari
Redattrice
Giornalista pubblicista ed esperta di comunicazione digitale.
Instancabile lettrice e appassionata di cinema.
Se volete rendermi felice regalatemi un libro
o portatemi a vedere un bel film.