Si tratta di due amanti o di perfetti sconosciuti? Un velo di mistero e curiosità ha avvolto per un decennio il rinvenimento di due scheletri nel modenese diventati celebri al pubblico come “gli amanti”. Quello di Modena non è stato l’unico ritrovamento del genere. Al mondo sono numerosi i casi di coppie seppellite insieme in posizioni più o meno romantiche che hanno condotto archeologi e opinione pubblica a domandarsi quale fosse la loro storia. Come facciamo a leggere la morte?
Nel caso emiliano gli studiosi avevano rinvenuto i due corpi mano nella mano e, non essendo in grado di risalire al genere con l’analisi del DNA a causa dell’eccessivo deterioramento del materiale osseo, avevano supposto potesse trattarsi di un uomo ed una donna. Dal 2009, anno del rinvenimento, al 2019 è stata questa l’ipotesi più accreditata. Poi la svolta.
Grazie ad una nuova tecnica i ricercatori sono riusciti a recuperare delle proteine, dei peptidi, provenienti dallo smalto dei denti: quelli sepolti erano due uomini[1]. Si tratta della prima relazione omosessuale documentata risalente al V secolo d.C. o siamo di fronte ad una storia del tutto differente?
Leggere la morte: l’inaffidabilità dei reperti
L’analisi proteomica – ossia delle proteine – dei due amanti di Valdarno ha permesso di identificarne gli scheletri ma ha permesso anche di rimettere in discussione quello che si pensava di sapere. Sempre più archeologi stanno adottando questa tecnica per identificare i resti di antenati sparsi sul pianeta per sapere di più sulla loro storia ma anche sulla vita che gli uomini conducevano nella loro epoca.
Uno degli aspetti emersi con una certa frequenza è l’inaffidabilità dei reperti che compongono i corredi funebri nella ricostruzione della vita del defunto. Ampiamente utilizzati dagli archeologi per stabilire il sesso di chi era sepolto, questi oggetti li hanno spesso indotti in errore: resti identificati come appartenenti ad una donna in realtà erano di un uomo e viceversa.
È quello che è accaduto, ad esempio, ad un guerriero vichingo trovato tumulato a Birka, in Svezia, circondato da numerosissime armi. L’opinione generale è che si trattasse di un uomo; opinione poi smentita dall’analisi del DNA: si trattava di una donna. Eppure i vichinghi sono stati notoriamente una civiltà con una netta separazione tra compiti maschili e femminili: agli uomini le armi, alle donne i gioielli.
Che fosse una donna guerriera? Potrebbe esserlo come potrebbe non esserlo. Nessuno ci assicura che la donna sia stata sepolta con le armi per via di un’usanza. Insomma, affidarsi al corredo funebre non è sinonimo di affidabilità e questi episodi ne hanno dato conferma agli archeologi[2].
Leggere la morte: il caso dei bambini
Ma quella degli amanti non è l’unica categoria che potrebbe trovare giovamento dall’applicazione di questa nuova tecnica di laboratorio: ominidi e bambini sono difficili da studiare con l’analisi tradizionale attraverso il DNA ricavato da materiale osseo. È questo il caso di una bambina vissuta 10mila anni fa e rinvenuta ad Arma Veirana, nelle Prealpi Liguri, soprannominata affettuosamente Neve. Una neonata vissuta solo 40-50 giorni, la cui morte deve aver rappresentato una grave perdita per la propria famiglia-comunità. A dircelo è proprio il corredo molto ricco.
Un investimento emotivo osservato anche in un altro sito sepolcrale nella Tanana Valley, in Alaska, su una bambina di 11.500 anni fa. Da questi due scavi si evince che “la personalità infantile, comprese le femmine, abbia origini più profonde in una cultura ancestrale comune o che sia nata in parallelo in popolazioni quasi contemporanee in tutto il pianeta”[3].
Da queste evidenze carpiamo un’altra informazione: nell’Olocene inferiore le donne avevano pari dignità degli uomini ed erano sepolte con onore come loro. Un concetto, questo, finora molto sottovalutato in archeologia. Secondo diverse antropologhe le donne sono state centrali nel ridefinire il comportamento maschile scegliendo partner collaborativi anziché competitivi. In più, le donne sono state promotrici dello sviluppo degli utensili, del linguaggio parlato nonché abili cacciatrici ed agricoltrici.
“Il Pleistocene terminale e il primo Olocene dovrebbero essere considerati l’antichità minima per il riconoscimento delle ragazze come membri della società nelle culture di tutto il mondo”[4]. Furono l’uso dell’aratro e le lotte per il territorio a far emergere la superiorità maschile.
Al di là del romanzo
Un altro elemento che possiamo dedurre dalle sepolture di questi bambini preistorici è che la mortalità infantile non fosse così alta. In caso contrario le comunità non avrebbero dato così tanta importanza alla sepoltura dei piccoli morti in età precoce. L’investimento emotivo che traspare dalla scelta e dalla varietà degli oggetti che compongono i corredi funerari testimoniano a favore di questa ipotesi. Se così non fosse avrebbe avuto maggiore senso la scelta degli antichi greci che seppellivano i loro bambini in fosse comuni e che consideravano cittadini coloro che raggiungevano una determinata età. Non solo. Il fatto che bambini e bambine avessero pari trattamento anche di fronte alla morte ci fa supporre che questo equilibro tra i sessi esistesse a qualsiasi età.
In conclusione, le nostre conoscenze continuano a mutare e ad evolversi anche grazie al progredire delle tecnologie. Ciò ci aiutata a scoprire sempre nuovi particolari sulle tradizioni dei nostri antenati e sulle loro abitudini. Più difficilmente riusciremo a comprendere chi erano le persone che amavano. Ma soprattutto, difficilmente riusciremo ad avere certezze sulla vita degli uomini del passato osservando le loro sepolture. O meglio dovremmo affinare la nostra capacità interpretativa rispetto ad esse, suffragandola con i dati certi estrapolati dall’applicazione di tecnologie sempre più avanzate.
I morti non scelgono come posizionarsi nel sito di sepoltura quindi è impossibile dedurre chi erano, chi amavano e cosa facevano nella propria vita. A meno che non si tratti di un romanzo. A meno che non si tratti di Notre-Dame de Paris:
“Quanto alla misteriosa scomparsa di Quasimodo, ecco tutto ciò che abbiamo potuto scoprire. […] si trovarono fra tutte quelle orrende carcasse due scheletri di cui uno teneva insolitamente abbracciato l’altro. Uno di questi due scheletri, che era quello di una donna, aveva ancora addosso qualche brandello di una veste che era stata bianca […] L’altro scheletro, che teneva il primo strettamente abbracciato, era quello di un uomo. Si notò che aveva la colonna vertebrale deviata, la testa nelle scapole, e una gamba più corta dell’altra. Non aveva comunque nessuna rottura delle vertebre della nuca, ed era evidente che non era stato impiccato. Dunque l’uomo al quale era appartenuto era andato là, e vi era morto. Quando cercarono di staccarlo dallo scheletro che abbracciava, cadde in polvere”.
[1] Lugli, F., Di Rocco, G., Vazzana, A. et al. Enamel peptides reveal the sex of the Late Antique ‘Lovers of Modena’. Sci Rep 9, 13130 (2019). https://doi.org/10.1038/s41598-019-49562-7 Consultabile al seguente indirizzo: https://www.nature.com/articles/s41598-019-49562-7#citeas
[2] Ida Emilie Steinmark, “Archaeology’s sexual revolution”, The Guardian, 2022. Consultabile al seguente indirizzo: https://www.theguardian.com/science/2022/jan/16/archaeology-sexual-revolution-bones-sex-dna-birka-lovers?utm_source=Nature+Briefing&utm_campaign=afa8c3bc8b-briefing-dy-20220117&utm_medium=email&utm_term=0_c9dfd39373-afa8c3bc8b-46136706
[3] Hodgkins, J., Orr, C.M., Gravel-Miguel, C. et al. An infant burial from Arma Veirana in northwestern Italy provides insights into funerary practices and female personhood in early Mesolithic Europe. Sci Rep 11, 23735 (2021). https://doi.org/10.1038/s41598-021-02804-z Consultabile al seguente indirizzo: https://www.nature.com/articles/s41598-021-02804-z#citeas
[4] Hodgkins, J., Orr, C.M., Gravel-Miguel, C. et al, op. cit.
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Autore articolo
Martina Shalipour Jafari
Redattrice
Giornalista pubblicista ed esperta di comunicazione digitale.
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