Tra tutti gli interrogativi della scienza, la domanda “da dove veniamo?” è sicuramente quella che scatena la più grande suggestione. Vi è qualcosa di grandioso nel processo evolutivo, che da poche forme di vita produce, evolvendosi, forme sempre più complesse e meravigliose pur partendo da esordi semplici. La branca della biologia che cerca di comprendere i meccanismi alla base della nostra evoluzione è la genetica.
Adamo ed Eva non sono solo due personaggi biblici ma rappresentano nell’accezione comune il concetto di “antenato”. In tal senso si segue una suggestione tutt’altro che banale, già presente durante il Seicento in ambito filosofico e scientifico, di ricorrere ad immagini bibliche o mitologiche per richiamare e spiegare un concetto specifico ma difficilmente divulgabile se non richiamando alla mente immagini conosciute (quelle bibliche appunto). Non è, dunque, sorprendente che nell’abito della genetica umana, quando ci si riferisce ai progenitori dell’umanità attuale, si parli di “Adamo cromosomico” ed “Eva mitocondriale“.
Anche se si prende spunto dalle figure bibliche di Adamo ed Eva, sia l’Eva mitocondriale che l’Adamo Cromosomico hanno poco a che fare con l’Eden. Innanzitutto, non erano gli unici esseri umani della loro epoca e, ancor più sorprendente, vissero sicuramente in epoche differenti, distanti qualche migliaio di anni. L’Adamo cromosomico, vale a dire il nostro progenitore comune patrilineare, è anche tra i due quello più giovane e risale a circa 75.000 anni fa, mentre la nostra Eva mitocondriale visse tra i 100.000 e i 200.000 anni fa.
Cromosomi e mitocondri a confronto
Ma perché quando di parla di Adamo ci si riferisce ai cromosomi mentre quando si parla di Eva si fa riferimento ai mitocondri?
I cromosomi sono delle strutture filamentose composte da una lunga molecola di DNA (nell’uomo), e da proteine, di numero e forma costanti per ogni specie. I cromosomi umani sono 46 e sono suddivisi in 23 coppie, 22 cromosomi omologhi (cromosomi morfologicamente identici tra loro) e una coppia di cromosomi sessuali la cui funzione è legata alla determinazione del sesso dell’individuo e indicati con due lettere X e Y; in una femmina tale coppia è XX mentre in un maschio troveremo XY.
Se ne deduce, pertanto, che il cromosoma Y possa essere ereditato solo dal proprio padre, il quale lo avrà ereditato dal nonno che a sua volta lo avrà ereditato dal bisnonno e così via. Per Eva invece si fa rifermento ai mitocondri. Questi sono organelli cellulari di forma reniforme presenti nel citoplasma, cioè quello spazio che c’è tra la membrana della cellula ed il nucleo della stessa. Immaginiamo una cellula come una pallina da tennis che contiene al suo interno una pallina da golf. I mitocondri si trovano all’interno della pallina da tennis ma al di fuori della pallina da golf che invece contiene il DNA nucleare.
Il DNA mitocondriale
Anche i mitocondri contengono un DNA proprio, il DNA mitocondriale, e l’ereditarietà di questo DNA, analogamente a quanto accade per il Cromosoma Y, viene ereditato solo per via matrilineare perché gli spermatozoi, cioè le cellule gametiche maschili, ne sono privi e dunque non li trasmettono durante la fecondazione. I mitocondri di ciascuno di noi saranno dunque stati ereditati dalla propria madre, la quale a sua volta li avrà ereditati dalla propria nonna e così via.
L’analisi del DNA mitocondriale presenta vantaggi specifici sia per la sua modalità di trasmissione, sia per il fatto che nelle cellule umane il DNA mitocondriale è presente in quantità molto maggiore rispetto al DNA nucleare. Inoltre il DNA mitocondriale è anche molto più resistente alla degradazione il che ne favorisce lo studio in archeologia, paleontologia e nelle scienze forensi.
Supponiamo di trovarci sulla scena di un crimine in cui sono presenti delle macchie di sangue del colpevole. Supponiamo inoltre che le circostanze di questo delitto facciano ritenere che sia comparabile alla scena del crimine di un altro delitto. Analizzando il DNA mitocondriale si potrà velocemente stabilire se le tracce di sangue di entrambe le scene del crimine siano appartenenti alla medesima linea materna, ovvero che i colpevoli delle due scene abbiano la stessa madre. Per tornare alla nostra Eva, altra peculiarità del DNA mitocondriale è quella di andare incontro ad un alto tasso di mutazioni soprattutto a livello di una particolare regione, chiamata, per l’appunto, regione iper-variabile.
L’Eva mitocondriale
Supponiamo che il DNA mitocondriale di un dato individuo, di nome Elena, presenti una mutazione tutta nuova che lo rende unico, singolarità che chiameremo mutazione ESSE. I figli di Elena, Francesco e Sofia, erediteranno la mutazione ESSE. Sofia trasmetterà la mutazione ESSE anche ai propri figli, Chiara e Luca, mentre Francesco non trasmetterà questa mutazione e i figli di Francesco erediteranno i mitocondri della compagna di quest’ultimo che a loro volta potranno avere una particolare mutazione di origine materna. Nel corso dei secoli la mutazione ESSE si trasmetterà nel corso delle generazioni per via materna, a patto che vi sia nella progenie almeno un individuo di sesso femminile che possa a sua volta trasmetterla alla propria discendenza.
I genetisti del futuro analizzando la frequenza con la quale la mutazione ESSE è presente nella esistente popolazione, potranno, attraverso calcoli matematici, stimare il momento in cui la mutazione ESSE si sia presentata nella popolazione del passato andando alla ricerca di Elena, ovvero “l’EVA mitocondriale” per la mutazione ESSE. Pertanto, se due persone presentano la stessa tipologia di mutazione è molto probabile che condividano un’antenata comune e siano imparentati attraverso discendenza femminile. Si dice, in termini genetici, che condividono lo stesso aplogruppo.
Gli studi genetici per risalire ad Adamo ed Eva
Stimando i tassi di mutazione e assumendo specifici modelli di insorgenza delle mutazioni, è possibile calcolare da quanto tempo due popolazioni umane si siano “divise”. Tali studi possono, dunque, permetterci di stimare a quanto risalga la divergenza del genere Homo dallo scimpanzé (iniziata circa 13 milioni di anni fa e proseguita per milioni di anni e seguita da una lunga ibridizzazione fino a circa 4 milioni di anni fa), della specie Homo sapiens dall’Uomo di Neanderthal (avvenuta circa 430.000 anni fa) e infine anche la datazione delle grandi migrazioni umane.
Lo studio della storia genetica umana offre innumerevoli ambiti di indagine intrecciandosi con le storie genetiche degli altri esseri viventi. Incrociando, ad esempio, i dati dei genomi umani con quelli dei canidi si può ricostruire, con termini genetici, la storia della domesticazione canina, stimando dove e quando sia avvenuta la probabile separazione tra cane e lupo, cercando di capire in quale contesto e momento della storia umana questa si sia verificata, ipotizzando i presupposti storici che motivarono l’uomo a consentire tale fenomeno.
Homo Sapiens vs Uomo di Neanderthal
Per quanto riguarda, invece, la storia genetica del nostro Adamo cromosomico, studi recenti effettuati sui cromosomi Y dei Neanderthal hanno prodotto risultati a supporto dell’ipotesi che ci siano stati incroci tra Homo Sapiens e Neanderthal. I cromosomi Y dei Sapiens e quelli dei Neanderthal sono fortemente correlati al punto da supporre che ci sia stata una progressiva sostituzione, nel corso degli incroci, del cromosoma Y Neanderthaliano con quello dei Sapiens.
I Neanderthal gareggiavano con i Sapiens per cibo, territorio e compagni, ma questo nuovo studio rileva che gli Homo sapiens hanno essenzialmente “battuto” i loro fratelli muscolosi quando si sono accoppiati con donne Neanderthal più di 100.000 anni fa. Quelle unioni hanno fatto sì che il cromosoma Y originario dei Neanderthal fosse soppiantato da quello di Homo sapiens. Tale sostituzione può essere giustificata da vari fattori ipotizzabili: per esempio, può essere accaduto che la prole ibrida delle madri di Neanderthal venisse allevata all’interno di gruppi di Neanderthal, estinguendosi con loro e producendo, invece, tra i Sapiens una specie ibrida “fantasma” che si nasconde geneticamente anche nell’uomo moderno.
Il patrimonio genetico di grandi personaggi storici
Il DNA dell’uomo moderno, dunque, conserva le tracce del materiale genetico risalente ad incroci avvenuti nella nostra antichità. Tra le curiosità più sorprendenti dello studio dei nostri avi genetici va menzionata sicuramente la prole di alcuni personaggi storici. Il condottiero mongolo Gengis Khan è passato alla storia per aver unificato le tribù mongole, guidate poi in una serie di guerre vittoriose che assicurarono ai mongoli il dominio dell’Asia. Da una ricerca svolta da un team internazionale di genetisti è emerso che una buona fetta dell’attuale popolazione asiatica presenta nel cromosoma Y una traccia genetica del grande Gengis Khan.
Più precisamente si parla di una persona su 200, vale a dire circa 16 milioni di asiatici. Gengis Khan, a differenza di molti altri sovrani, era solito guidare personalmente le proprie guerre di conquista ed è pertanto innegabile che si trattasse di una persona violenta, per quanta colta ed illuminata. Si narra, infatti, che Khan fosse un grande predatore sessuale e che dopo ogni conquista usasse stuprare il maggior numero di donne possibile. Già ai suoi tempi si ritiene che Khan avesse circa 20.000 discendenti tra figli e nipoti. Ad oggi si stima che circa l’8% della popolazione mongola presenti tracce genetiche nel cromosoma Y di Gengis Khan.
E se…
Tornando alla nostra Eva mitocondriale, va fatta menzione anche di uno studio che risale a circa due anni fa dal quale è emersa una probabilità, seppur assai remota: parliamo infatti di una probabilità su un milione che il DNA mitocondriale possa essere trasmesso anche per linea paterna attraverso gli spermatozoi. Vi è, dunque, una infinitesimale possibilità che la nostra Eva mitocondriale sia in realtà un Adamo. Tuttavia, si è studiato che i casi accertati di una ereditarietà biparentale del DNA mitocondriale producano un individuo che presenta sia i mitocondri della madre ed in misura ridotta i mitocondri del padre, generando un assortimento eterogeneo di DNA mitocondriale nella cellula.
Resta da verificare se sia possibile che questo DNA mitocondriale di origine paterna possa aver raggiunto delle proporzioni in termini numerici paragonabili a quello materno nel corso dell’evoluzione umana. Va detto, inoltre, che gli individui con una ereditarietà mitocondriale biparentale sono, a volte, affetti da malattie proprio di origine mitocondriale. La storia genetica dell’uomo è un racconto che non nega eventi tragici, non nega le sconfitte, non nega la critica e non presuppone l’accettazione passiva dei dogmi. Bisogna andare alla ricerca di nuove mappe da disegnare con la curiosità di un bambino durante una caccia al tesoro.
Autore articolo
Simone De Biase
Naturalista
Naturalista, escursionista e ciclista pivello. Nel 2016,
insieme a mia moglie Serena, ho creato Fondazione HEAL
che sostiene e finanzia il lavoro di medici, infermieri e biologi
che operano nella cura e nella ricerca nell’ambito della neuro-oncologia
pediatrica. Credo fermamente nella nostra mission che è
quella di finanziare e supportare il sapere.