Ci è già capitato di affrontare il problema dell’inquinamento e dell’incidenza che quest’ultimo ha sulla vita umana e su quella animale.
Alla luce della recente pandemia e conseguente istituzione di numerosi lockdown in giro per il mondo, la natura aveva riacquistato i propri tempi e gli animali hanno riguadagnato parte del proprio habitat. Rimarranno indelebili le immagini, provenienti da tutto il mondo, delle strade deserte che hanno tristemente segnato la nostra memoria. Con l’interruzione della quarantena e la ripresa, seppur parziale, della nostra routine, abbiamo riconquistato il nostro primato.
Uno studio pubblicato recentemente su The Royal Society[1] si concentra proprio su questa emergenza, analizzando il legame tra inquinamento acustico e la vita degli uccelli. Il gruppo di ricercatori statunitensi ha effettuato indagini concentrandosi sui diamanti mandarini (Taeniopygia guttata), andando ad analizzare in che modo i rumori antropogenici incidano sulla vita di questi animali.
Non solo. Sempre dallo stesso studio[2] ci si è concentrati anche sulle conseguenze cognitive che il traffico aereo ha sull’uomo. Si è osservato, infatti, che i bambini che frequentano scuole nelle vicinanze degli aeroporti, ottengono un rendimento peggiore nelle valutazioni cognitive.
Inquinamento acustico e diamanti mandarini
È molto probabile che gli uccelli risultino particolarmente sensibili ai rumori a causa del proprio cervello altamente sviluppato. I ricercatori, per cercare di fornire una risposta adeguata alle proprie domande, hanno riprodotto delle situazioni tipo in laboratorio, utilizzando due gruppi: uno sottoposto ai rumori ed uno di controllo, tra loro randomizzati.
Gli studiosi si sono focalizzati su una serie di competenze da valutare in ambienti silenziosi e rumorosi:
- Apprendimento motorio
- Apprendimento associativo
- Memoria spaziale
- Apprendimento sociale.
Gli uccelli sono stati suddivisi in gruppi distinti e sottoposti ad una serie di esercizi, come quello di recuperare del cibo da alcuni nascondigli, con o senza la presenza di suoni nell’aria.
I risultati dello studio sugli uccelli
Ebbene, i risultati preoccupano i ricercatori. In media gli uccelli impiegano nove tentativi prima di apprendere; quelli costretti a subire i rumori cittadini ne impiegano diciotto, il doppio.
In merito ai parametri descritti in precedenza, gli studiosi hanno constatato che gli uccelli presentano memoria spaziale molto ridotta, controllo inibitorio diminuito, apprendimento motorio compromesso. Stessa sorte per l’apprendimento sociale.
Non mostrano segni di mutazione, invece, l’attività di accoppiamento e l’associazione colori-ricompensa.
Una alternativa, però, c’è e deve arrivare proprio da noi, i principali responsabili del cambiamento: occorre trovare delle tecnologie in grado di azzerare o, perlomeno, diminuirne gli effetti.
Ma questa non è l’unica ricerca sul tema. Nei decenni ve ne sono state molte, alcune delle quali molto recenti. Un esempio può esserlo una indagine che si è svolta proprio a ridosso della prima quarantena. Nella città di San Francisco, con le strade libere dal traffico, il passero corona bianca (Zonotrichia leucophrys) ha modificato il proprio canto, avendo anche un migliore successo con gli esemplari femmine.
Tuteliamo la fauna dei nostri cieli
Sempre sullo stesso tema c’è un altro studio pubblicato qualche mese fa dalla Cornell University sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America (PNSA)[3], che dimostra come le nostre azioni possano concretamente aiutare gli animali dei nostri cieli. I ricercatori si sono concentrati sugli uccelli terrestri negli Stati Uniti e, anche in questo caso, sono stati incrociati una serie di dati:
- Osservazione degli uccelli frutto del proprio programma universitario
- Valutazione dei livelli di inquinamento a livello del suolo
- Normative esistenti in USA per l’abbassamento dei livelli di inquinamento atmosferico (NOx Budget Trading Program).
Tra le principali cause di morte della maggior parte degli uccelli nell’America settentrionale c’è, ovviamente, l’ozono. Gli scienziati, utilizzando vari modelli, hanno incrociato questi tre fattori, prendendo in considerazione un lasso di tempo di quindici anni e includendo 3.214 contee statunitensi.
Risultati della ricerca della Cornell University
Da questa ricerca[4] si è osservato che l’ozono risulta essere dannoso soprattutto per i piccoli uccelli migratori, come passeri e fringuelli, che compongono circa l’86% degli uccelli terrestri nordamericani. Ad essere coinvolte non sono solo le vie respiratorie di questi animali ma anche le fonti di cibo: piante ed insetti, in primis.
Ciò non ha sorpreso i ricercatori: laddove l’habitat si dimostri inospitale o povero di cibo di qualità, c’è meno probabilità che gli uccelli possano sopravvivere o riprodursi.
C’è un ulteriore elemento da non sottovalutare: dal 1970 la popolazione degli uccelli statunitensi è diminuita di tre miliardi; senza la promulgazione del Clean Air Act statunitense sarebbero stati 1.5 miliardo in più.
Questa è la prima prova su larga scala che l’ozono è associato al calo dell’abbondanza di uccelli negli Stati Uniti e che le normative intese a salvare vite umane apportano anche significativi vantaggi di conservazione agli uccelli[5].
(Catherine Kling, Tisch University)
Pesci zombizzati dal Prozac
Ancora una volta è doveroso citare uno studio[6], in questo caso proveniente dall’Australia. Un team di ricercatori si è interessato all’analisi del comportamento dei Guppy (Poecilia reticulata), piccoli pesci d’acqua dolce, a contatto con il Prozac.
L’idea non è nata per caso o per capriccio dei ricercatori. Pur essendo stata condotta in laboratorio, l’indagine riproduce situazioni reali che colpiscono i pesci che vivono in torrenti e fiumi, in cui vengono sversati questi compenti chimico-farmaceutici. L’obiettivo dello studio era proprio quello di capire in che modo questi ultimi incidessero sul comportamento dei pesci.
L’esperimento è stato condotto, anche questa volta, su due gruppi:
- Il primo è stato sottoposto per due anni, assieme alla prole, alla presenza in acqua di fluoxetina (il principio attivo del Prozac), con livelli simili a quelli rivelabili in un fiume vicino ad un punto di deflusso di acque reflue.
- Al secondo, di controllo, non è stato somministrato nessun componente chimico.
Risultati della ricerca
Concluso il periodo di tempo stabilito, sono stati prelevati esemplari di entrambi i gruppi e posizionati singolarmente in vasche bianche con una macchia nera, a simulare l’ombra di un nascondiglio. I risultati osservati sono molto interessanti:
- gli esemplari che non avevano assunto farmaci sfrecciavano a destra e sinistra o presentavano comportamento un po’ più pigro;
- quelli sottoposti al trattamento risultavano moderatamente attivi, apparendo come zombie senza personalità. Era come se si fossero tutti uniformati ad un unico comportamento, appiattendo le differenze che possono intercorrere tra un individuo ed un altro.
Nonostante ciò, il Prozac non sembra aver interferito con la capacità di nascondersi dai predatori.
Questo studio testimonia anche che gli effetti persistono attraverso le generazioni. Il passo successivo sarà scoprire gli effetti che potrebbero esserci in natura. In realtà in Svezia si sta già lavorando su esemplari di di luccio e di pesce persico, cui viene somministrato in osmosi un farmaco ansiolitico. Attendiamo quindi i risultati anche di questo studio.
Ciò che è certo fin da ora è che con le nostre attività stiamo evidentemente creando squilibri enormi e la fauna, che sia terreste o acquatica, ne risente. Inevitabilmente.
[1] Osbrink, Meatte, Tran, Herranen, N. 2021 “Traffic noise inhibits cognitive performance in a songbird”, Proc. R. Soc. B. 288 20202851. Consultabile al seguente indirizzo: https://royalsocietypublishing.org/doi/10.1098/rspb.2020.2851#d11087156e944s
[2] Repubblica, “Il traffico compromette le capacità cognitive degli uccelli canori e non solo”, 2021. Consultabile al seguente indirizzo: https://www.repubblica.it/green-and-blue/2021/02/16/news/il_rumore_del_traffico_rischia_di_compromettere_le_capacita_cognitive_degli_uccelli_canori_e_non_solo-287698851/
[3] Y. Liang, I. Rudik, E. Yongchen Zou, ”Conservation cobenefits from air pollution regulation: Evidence from birds”, 2020. PNSA, dicembre 2020, 117 (49) 30900-30906; DOI: 10.1073 / pnas.2013568117. Consultabile al seguente indirizzo: https://www.pnas.org/content/117/49/30900
[4] Cornel Cronicle, “Study: Air pollution laws aimed at human health also help birds”, 2020. Consultabile al seguente indirizzo: https://news.cornell.edu/stories/2020/11/study-air-pollution-laws-aimed-human-health-also-help-birds#:~:text=Improved%20air%20quality%20under%20a,University%20of%20Oregon%2C%20published%20Nov
[5] Ibidem.
[6] Science, “Prozac turns guppies into ‘zombies’”, 2021. Consultabile al seguente indirizzo: https://www.sciencemag.org/news/2021/02/prozac-turns-guppies-zombies?utm_source=Nature+Briefing&utm_campaign=5cdacf5a92-briefing-dy-20210211&utm_medium=email&utm_term=0_c9dfd39373-5cdacf5a92-46136706
Autore articolo
Martina Shalipour Jafari
Redattrice
Giornalista pubblicista ed esperta di comunicazione digitale.
Instancabile lettrice e appassionata di cinema.
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