L’OMS considera l’eliminazione del cancro della cervice uterina una priorità per la salute pubblica e valuta questo obiettivo fattibile a condizione che vengano messe in atto alcune strategie, tra cui fare in modo che il 90 per cento delle ragazze con meno di 15 anni siano vaccinate contro l’HPV entro il 2030.
AIRC
Parte proprio da qui una delle sfide più ambiziose da parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Il mese di gennaio è stato interamente dedicato a questo tema per sensibilizzare e far conoscere quelle che sono le problematiche legate ad uno dei cinque tumori più frequenti nelle donne (circa 570.000 casi nel mondo nel 2018[1]), ma anche curabile, se preso in tempo.
Grazie alla ricerca e agli studi portati avanti negli anni, sappiamo anche quale sia il responsabile numero uno di questa patologia: il papillomavirus umano (HPV). Un virus trasmissibile per via sessuale, che colpisce anche gli uomini, e che è causa di una lunga serie di altri tumori: ano, vulva, vagina, orofaringe, pene.
Il papillomavirus umano (HPV) e il tumore della cervice uterina
Dai dati che ci arrivano da più istituti di ricerca sappiamo che esistono oltre 120 varianti di HPV che si differenziano tra loro per tessuto colpito e gravità degli effetti sulla persona. Vengono classificati in base al livello di rischio di sviluppare uno dei tumori che abbiamo elencato poc’anzi.
L’infezione è molto più frequente di quanto non si pensi: si stima, infatti, che oltre il 75% delle donne sessualmente attive si infetti nel corso della vita con il virus HPV, con un picco nelle giovani fino a 25 anni di età[2].
Da qui la necessità di assicurare una protezione, sia a uomini che donne, attraverso un vaccino. Nell’ultimo decennio ne sono stati sviluppati diversi contro il papillomavirus. L’ultimo nell’arco temporale è stato reso disponibile nel 2017, denominato “nonavalente”, che offre protezione contro alcuni dei ceppi più aggressivi. Lo stato italiano lo mette a disposizione gratuitamente per tutti gli adolescenti attorno ai 12 anni di età, prima che abbia inizio l’attività sessuale. In ogni caso è possibile vaccinarsi anche più tardi ma senza la copertura del sistema sanitario nazionale (SSN).
L’importanza della prevenzione primaria e secondaria
Come anticipato, il carcinoma del collo dell’utero è al quinto posto, per incidenza in Italia, dopo il tumore del seno, del colon retto, del polmone e dell’endometrio. L’asso nella manica a nostra disposizione si chiama prevenzione. Abbiamo già anticipato l’esistenza di uno strumento fondamentale come il vaccino, il più efficace ed importante di tutti. Ma non l’unico.
Contro il cancro della cervice uterina ci sono altri strumenti di prevenzione primaria. Pap-test e l’HPV test (esame utile a ricercare il DNA del papillomavirus) sono fondamentali. A tal proposito ricordiamo che le regioni offrono programmi di screening gratuiti per le donne tra i 25-64 anni. Per saperne di più si può consultare questo sito o ci si può recare presso i consultori di riferimento del territorio. Non lo abbiamo ancora detto ma lo facciamo adesso. La primissima forma di protezione rimane sempre lo stesso: avere rapporti sessuali protetti.
L’obiettivo 2030 dell’OMS contro il cancro della cervice
L’OMS ritiene che nessuno dovrebbe più morire di tumore della cervice uterina e che tutto ciò possa essere evitato grazie agli strumenti tecnici, medici e politici di cui disponiamo. Il problema riguarda, purtroppo, soprattutto le donne che vivono in Paesi a medio e basso reddito, in cui l’accesso ai servizi sanitari è limitato. Per questo motivo, lo scorso novembre, è stato lanciato un piano globale per tentare di risolvere, in tempi relativamente brevi, questo problema di importante rilevanza pubblica[3].
La strategia si basa su gli obiettivi definiti “90-70-90”, da dover raggiungere, come dicevamo in apertura, entro il 2030. Il primo 90 si riferisce alla percentuale di ragazze vaccinate contro l’HPV entro i 15 anni di età. Il secondo obiettivo è quello di sottoporre a screening il 70% delle donne entro i 35 ed i 45 anni di età. L’ultima meta da raggiungere è quella di sottoporre a trattamento il 90% delle donne con diagnosi di cancro della cervice uterina.
Il piano, così come pensato dall’Organizzazione, se venisse portato a compimento, riuscirebbe a ridurre del 42% l’incidenza della patologia entro il 2045 e del 97% entro il 2120. In più, si stima che i decessi sarebbero:
- 300.000 in meno entro il 2030,
- Oltre 14 milioni in meno entro il 2070,
- Oltre 62 milioni in meno entro il 2120.
[1] AIRC, “Scacco matto al tumore della cervice”, 2021. Consultabile al seguente indirizzo https://www.airc.it/news/scacco-matto-al-tumore-della-cervice
[2] LILT Roma, “Gennaio mese della prevenzione del tumore al collo dell’utero”. Consultabile al seguente indirizzo https://www.legatumoriroma.it/gennaioprevenzionecollodellutero/
[3] OMS, “Strategia globale per accelerare l’eliminazione del cancro cervicale come problema di salute pubblica”, 2020. Consultabile al seguente indirizzo https://www.who.int/publications/i/item/9789240014107
Autore articolo
Martina Shalipour Jafari
Redattrice
Giornalista pubblicista ed esperta di comunicazione digitale.
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