Alla continua ricerca di articoli interessanti da proporvi, qualche tempo fa ci siamo imbattuti in una notizia molto particolare riguardante la genetica dell’omosessualità. Ricercatori dell’Università del Queensland a Brisbane (Australia), guidati dal genetista evoluzionista Brendan Zietsch, hanno utilizzato info contenute in banche dati mondiali per il proprio studio[1]. Gli scienziati erano alla ricerca di fattori genetici in grado di determinare l’origine del comportamento omosessuale e spiegare la trasmissione di questi geni alle generazioni successive, nonostante le scarse probabilità di produrre una prole biologica.
Genetica dell’omosessualità: cosa è stato scoperto
Partiamo dalla fine. L’attrazione per lo stesso sesso è diffusa negli esseri umani e la ricerca suggerisce che è in parte genetica. Sono stati individuati dei marcatori genetici che lo testimonierebbero, sia in chi si è dichiarato omosessuale sia in chi eterosessuale.
Il campione di riferimento è considerevole: 477.522 persone che hanno affermato di aver avuto rapporti con qualcuno dello stesso sesso almeno una volta nella vita e 358.426 persone che hanno dichiarato di aver avuto solo rapporti eterosessuali. Sono stati presi in considerazione solo i soggetti per i quali sesso e genere corrispondevano.
Bisogna sottolineare che non si sta parlando dell’esistenza di un “gene gay”. Già negli anni passati la scienza aveva individuato la presenza di piccole porzioni di geni, sparsi all’interno del genoma, comuni ad individui che avevano avuto almeno un partner dello stesso sesso.
Questo non vuol dire che chi ne sia in possesso debba essere matematicamente omosessuale: più semplicemente ciò sembra avere un piccolo effetto a livello complessivo, spiegando tra l’8% ed il 25% dell’ereditarietà.
“Successivamente, i ricercatori hanno utilizzato un algoritmo informatico per simulare l’evoluzione umana su 60 generazioni. Hanno scoperto che la serie di variazioni genetiche associate al comportamento tra persone dello stesso sesso sarebbe alla fine scomparsa, a meno che non aiutasse in qualche modo le persone a sopravvivere o riprodursi”[2].
Genetica dell’omosessualità: c’è un vantaggio competitivo?
Possono questi marcatori genetici offrire un vantaggio competitivo aumentando il numero di partner sessuali di una persona? Prendendo in considerazione coloro che dichiaravano di aver avuto solamente rapporti eterosessuali è stato osservato che quelli con un elevato numero di partner condividevano alcuni dei marcatori con chi aveva partner dello stesso sesso.
Identiche osservazioni ottenute comparando questi ultimi con chi si diceva aperto a nuove esperienze. “E c’era una piccola sovrapposizione tra le persone eterosessuali che avevano geni legati al comportamento omosessuale e quelle che gli intervistatori valutavano come fisicamente attraenti”[3].
I limiti di questo studio
Come tutte le ricerche che cercano di coniugare genetica e comportamenti umani i risultati vanno presi con le pinze, soprattutto se si considerano i limiti che la ricerca si porta dietro. In primis i partecipanti erano tutti residenti in Gran Bretagna e negli Stati Uniti. Il questionario chiedeva informazioni sul comportamento sessuale e non sull’attrazione.
Buona parte dei partecipanti allo studio è nata in un periodo in cui l’omosessualità era considerata illegale ed un tabù. Oltre questi aspetti è difficile valutare la maggiore propensione ad avere più partner sulla base di una aumentata sicurezza nella cura delle malattie sessualmente trasmissibili. In più, se è vero che questi geni comporterebbero un vantaggio riproduttivo comunque c’è da fare i conti con il controllo delle nascite ed i trattamenti per la fertilità molto diffusi in questi ultimi tempi.
Alcuni individui potrebbero non aver risposto sinceramente. Quando si affrontano questioni così delicate che toccano l’intimità delle persone, il partecipante ad un sondaggio potrebbe sentirsi a disagio e dichiarare il falso. Inoltre, i ricercatori hanno indicato come omosessuali anche coloro i quali hanno avuto un solo incontro con un partner dello stesso sesso.
Studiosi del settore che non hanno partecipato a questa indagine sono titubanti nel ritenere validi i risultati. Qualcuno, piuttosto, è propenso a credere che si siano individuati i marcatori genetici associati all’apertura a nuove esperienze, che potrebbero spiegare la sovrapposizione tra persone che hanno avuto un partner omosessuale e persone eterosessuali che hanno avuto molti partner.
Chi avrà ragione? Siamo certi che questo non sarà l’ultimo articolo che avremo modo di leggere sul tema.
[1] Sara Reardon, “Genetic patterns offer clues to evolution of homosexuality”, Nature, 2021. Consultabile al seguente indirizzo: https://www.nature.com/articles/d41586-021-02312-0?utm_source=Nature+Briefing&utm_campaign=dfecc4e065-briefing-dy-20210824&utm_medium=email&utm_term=0_c9dfd39373-dfecc4e065-46136706
[2] Ibidem, op. cit.
[3] Ibidem, op. cit.
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Autore articolo
Martina Shalipour Jafari
Redattrice
Giornalista pubblicista ed esperta di comunicazione digitale.
Instancabile lettrice e appassionata di cinema.
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