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Duobrachium sparksae, la nuova specie animale che vive negli abissi

Le contraddizioni dell’uomo tecnologico

Duobrachium sparksae

La natura non smette mai di sorprenderci ed i ricercatori ce ne danno spesso conferma grazie a recenti ed entusiasmanti scoperte. È sulla scia di questo entusiasmo che il gruppo di studiosi, guidato dal biologo marino Allen Collins, nel 2015 ha fotografato nelle profondità marine una nuova specie ribattezzata Duobrachium sparksae. La notizia è stata riportata nella prima metà del 2020 sulla rivista scientifica Plankton and Benthos Research edita dall’Agenzia americana per l’Atmosfera e gli oceani (Noaa)[1].

Pur non appartenendo alla medesima famiglia, questa specie presenta un aspetto simile alla conformazione delle meduse. L’individuazione è avvenuta per mezzo di riprese video in HD effettuate nelle profondità oceaniche a circa 3.900 metri sotto il livello del mare. Luogo della scoperta è l’anfiteatro di Arecibo situato all’interno del Canyon Guajataca, fondale marino collocato a nord-nord-ovest di Porto Rico.

Duobrachium sparksae e gli ctenofori

Ciascun essere vivente viene identificato attraverso una classificazione tale da descriverne le caratteristiche, declinando in relazione a somiglianze e differenze. La nuova specie di Duobrachium sparksae rientra all’interno degli ctenofori, ovvero animali marini perlopiù planctonici, trasparenti, iridescenti e/o fosforescenti. Ad oggi sono circa 200 le specie catalogate all’interno di questo phylum. Da non confondere, come si afferma in apertura, con i Celenterati, all’interno dei quali rientrano anche le meduse che, in aggiunta, possiedono ad esempio cellule urticanti.

Questo animale gelatinoso presenta un corpo simile ad un palloncino, ma con alla base due tentacoli che utilizza anche per ancorarsi al fondale marino. Gli scienziati hanno descritto i loro movimenti paragonandoli a quelli di una mongolfiera.

Poco si sa di questi tre esemplari scoperti dal veicolo robotico Deep Discoverer, ma generalmente gli animali simili al Duobrachium sparksae sono carnivori e si nutrono di piccoli antropodi. Ovviamente i ricercatori non hanno potuto prelevare un esemplare. L’unica testimonianza della loro esistenza è rappresentata dal video girato dalla sonda controllata a distanza. Il materiale ottenuto sarà, quindi, ospitato allo Smithsonian National Museum of Natural History di Washington DC, in sostituzione dei campioni fisici.

L’uomo e l’ambiente: l’altra faccia della medaglia

Se da un lato l’uomo, spinto dal sapere e dalla sete di conoscenza, è in grado di portare alla luce la grandezza e la bellezza di ciò che ci circonda, dall’altro egli ha la capacità di distruggerlo.

La bellezza: che tremenda e orribile cosa! Là gli opposti si toccano, là vivono insieme tutte le contraddizioni!

Fëdor Michajlovič Dostoevskij

Mentre leggiamo della preziosa scoperta del Duobrachium sparksae, sulla rivista scientifica Science un altro team di ricerca denuncia le profonde interferenze dell’attività antropica nella vita sottomarina[2]. La visibilità in mare è molto ridotta e va a diminuire, fino a scomparire del tutto, mano a mano che si scende sempre più in profondità. Per questo motivo le specie marine hanno sviluppato una propria forma di comunicazione sonora così perfettamente in grado di garantire l’interazione con i membri della stessa comunità, come con l’ambiente circostante.

Navi, sonar, trivellazioni e tutte le attività umane che hanno a che vedere con l’ambiente marino stanno alterando gli equilibri, minacciando la sopravvivenza di molte specie.

Che cosa ne sarà di Nemo?

Uno degli esempi concreti presentati nell’articolo riguarda il disagio creato dall’uomo al pesce pagliaccio. A causa delle forti correnti oceaniche, i piccoli pesci in uno stato ancora larvale vengono trasportati lontani dalla barriera corallina, loro habitat naturale. Per poter tornare nel proprio luogo di origine, questi colorati animali marini sfruttano i suoni: un compito, questo, sempre più arduo da quando c’è l’uomo ad arrecare disturbo a tale processo.

Duobrachium sparksae - trivelle in mare

Non bisogna pensare che i cambiamenti e le interferenze si fermino solamente all’attività antropologica diretta. I cambiamenti climatici stanno trasformando l’ambiente naturale alterando anche il rapporto tra ambiente e fauna ittica: il ghiaccio e le tempeste non hanno più le stesse sonorità.

A dispetto delle altre forme di inquinamento prodotte dall’uomo, quello sonoro è facilmente eliminabile. Tuttavia, l’inquinamento acustico è molto sottovalutato e completamente assente negli accordi internazionali per lo sviluppo sostenibile. Gli animali stanno cominciando a perdere la testa. Probabilmente, stando a quanto sostenuto, è bene cominciare a prenderlo in considerazione.

Immagine di copertina: Digital illustration of the habit of Duobrachium sparksae n. gen. n. sp. A. tentacular view B. stomodeal view. Illustrations by NB.


[1] M. Ford, N. Bezio, A. Collins, “Duobrachium sparksae (incertae sedis Ctenophora Tentaculata Cydippida): A new genus and species of benthopelagic ctenophore seen at 3,910 m depth off the coast of Puerto Rico”. Plankton Benthos Res 15(4): 296–305, 2020. Consultabile al seguente indirizzo: https://www.jstage.jst.go.jp/article/pbr/15/4/15_P150401/_article/-char/en

[2] C. Duarte, L. Chapuis, S. Collin, “The soundscape of the Anthropocene ocean”. Science 05 Feb 2021,
Vol. 371, Issue 6529. Consultabile al seguente indirizzo: https://science.sciencemag.org/content/371/6529/eaba4658

Autore articolo

Martina Shalipour Jafari

Martina Shalipour Jafari

Redattrice

Giornalista pubblicista ed esperta di comunicazione digitale.
Instancabile lettrice e appassionata di cinema.
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