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Colette: la donna che scandalizzò la Belle Epoque

Au but de la vie con la scrittrice e icona francese del XX secolo a centocinquanta anni dalla sua nascita (1873-2023).

colette

Articolo a cura di Marianna Esposito Vinzi e Federica Forletta

Il 3 agosto del 1954 moriva a Parigi la scrittrice Colette (vedi immagine, credits ilmiolibro.it). Membro dell’Académie Royale de Belgique e dell’Académie Goncourt, grande ufficiale della Légion d’honneur, per lei (fu la prima donna nella storia) vennero celebrati i funerali di Stato nella corte d’onore del Louvre. Sidonie-Gabrielle Colette era nata in Borgogna, nel 1873. Trasferitasi giovanissima a Parigi, aveva solo vent’anni quando sposò Henry Gauthier-Villars, seduttore compulsivo con il quale, in un tormentato sodalizio professionale e sentimentale costellato da trasgressioni ed innumerevoli tradimenti, consumò i suoi esordi di romanziera.

Al celebre ciclo autobiografico dei romanzi di Claudine (altri, forse, la ricorderanno per il suo Chéri), Colette alternò l’attività di ballerina, di attrice di teatro, le sue molte frenesie mondane, l’erotismo più sfrenato, i suoi tanti amori lesbici. Scrittrice, attrice, pantomima, visse la sua vita alla luce di molte passioni. Con la costruzione di un’immagine trasgressiva, associata al libertinaggio amoroso e al mondo sulfureux dei music-hall e dei cabaret parigini, Colette scandalizzò la Belle Epoque.

Colette e la sua (s)fortuna: le lettere con sua figlia

Nel 1912, dopo aver divorziato dal primo marito, Colette sposò un brillante giornalista destinato ad una folgorante carriera politica e diplomatica, Henry de Jouvenel, dal quale ebbe una bambina, la sua unica figlia, Colette Renée de Jouvenel, detta “Bel-Gazou”, un nomignolo preso in prestito dalla sua infanzia. Dopo la sua morte, ad occuparsi della sua opera, curandola e facendola conoscere ed apprezzare anche oltre i confini francesi, fu proprio la figlia. Quando una volta, durante un’intervista, le domandarono che cosa avesse significato avere una madre tanto celebre, lei rispose: «Ci vuole tutta una vita per riprendersi».

La piccola Colette impiegò decisamente tanto tempo per costruire un rapporto sereno con la madre. Entrambi i genitori erano due persone molto in vista e molto impegnate: il padre Henry de Jouvenel, politico e direttore del quotidiano Le Matin, e la madre, la grande Colette, scrittrice, giornalista, attrice di teatro e molto altro. Affidata ad una governante inglese in un lontano collegio, nell’attesa famelica delle rare visite dei suoi genitori, la bambina scriveva: «Spero che tu stia bene e anche papà. La tua piccola Colette che ti abbraccia stretta e non ti dimentica mai, mai, mai».  

Colette restò sostanzialmente sempre distante da lei. Solo a seguito di un matrimonio sbagliato e di un rapido divorzio, la madre si riavvicinò alla figlia, cui scrisse lunghe lettere dalle quali traspare il desiderio di colmare quel colloquio mancato, quel legame madre-figlia trascurato per troppo tempo. In una lettera del 1926, Colette annotava: «Non penso che la mia lettera contenga qualcosa di urgente, ma avevo voglia di scriverti, e di raccontarti mille cose senza importanza che possono anche aspettare». Il loro carteggio è fatto tutto di queste «mille piccole cose senza importanza», racconti di vita quotidiana, di una nuova vicinanza ritrovata.

Colette innamorata dell’Italia: il soggiorno a Capri

La scrittrice viaggiò moltissimo per promuovere i suoi romanzi. Parentesi felice della vita di Colette fu il suo breve soggiorno a Capri: la scoperta della Grotta Azzurra, il profumo dei limoni, le lunghe passeggiate per il paese attraverso i vicoli poco frequentati, l’amore per i gatti randagi, accolti e nutriti nella dimora anacaprese… Colette se ne innamorò perdutamente. Era l’estate del 1910. Aveva 37 anni.

Furono pochi giorni di vacanza, ma intensi, quelli trascorsi sull’isola, tanto che nel luglio del 1915, dopo il matrimonio con Henry de Jouvenel e la nascita di sua figlia, Colette vi fece ritorno ed acquistò la casa scoperta cinque anni prima. Vi fu ancora nel 1917 e nel 1918. In alcune pagine del carteggio tra madre e figlia – messo in ordine dalla nipote, Anne de Jouvenel, e pubblicato in italiano con il titolo di Ma chérie. Lettere con la figlia 1916-1956 dall’editore Donzelli nel 2005 – riecheggiano i ricordi del breve soggiorno italiano. Oltre a mettere in luce le difficoltà del rapporto madre-figlia, il carteggio rivela una Colette grande professionista, fine romanziera, ma anche una donna segnata da una profonda solitudine e dalla ricerca costante di “ciò che dura”, come lei amava dire, al di là dell’effimero.

In viaggio con Colette au but de la vie

Le lettere di Colette a sua figlia, per quanto siano state rare durante l’infanzia della bambina, mostrano l’affetto e l’attenzione di una madre inimitabile, occupata dai suoi amori e presa costantemente dalla preoccupazione di vivere la sua vita. Colette è, infatti, la vita che pulsa, è il rifiuto delle convenzioni, è opposizione ai pregiudizi, è un viaggio, il suo, quello della sua esistenza au but de la vie. A cento anni dalla sua nascita e a più di sessant’anni dalla sua scomparsa, la ricezione dei suoi testi si è arricchita grazie alle conoscenze acquisite sulla storia personale della scrittrice e sulla genesi dei suoi romanzi.

Quanto allo stile di Colette, quest’ultimo coniuga le sue radici rurali alle alterità delle inquietudini del suo secolo. Per lei scrittura e mondo coesistono come due aspetti di una sola esperienza, in un trasporto febbrile verso la libertà, l’emancipazione femminile, la liberazione della sessualità delle donne, affrancazione che per lei diventa bisessualità e polifonia, voce delle complessità dell’animo femminile e poliedricità del mondo reale.

Una grande scrittrice Colette: una donna fatta di entusiasmo, di passioni, di amore per il misterioso, di curiosità verso tutto ciò che è umano, di ricerca costante di nuovi significati morali del piacere, di sublimazione delle sue pulsioni e delle sue esperienze erotiche. Desiderio e amore, dunque. Ma anche intolleranza verso tutto ciò che è mediocre, ed insofferenza, la sua, per i gesti formali e di circostanza e, in qualche modo, di anelito verso l’eterno, destinato a rimanere senza risposte.

Bibliografia

“Colette, ma chèrie, Lettere con la figlia 1916-1953”, riunite, presentate e annotate da Anne de Jouvenel, traduzione di Annalisa Comes, Donzelli Editore, 2005

L’ABCdaire de Colette, de Guy Ducrey, Edition Flammarion, 2000

“Colette et les siennes”, de Dominique Bona de l’Académie Française, Edition Livre de Poche, 2017

Culture Livres “Colette en coloc”, de Dominique Bona de l’Académie Française, Le Point, mars 2017

Colette “Gigi”, Livre de Poche, Hachette, 2004

Colette, “Le blé en herbe”, Flammarion, 2019


Autore articolo

Marianna Esposito Vinzi

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