La quantità e la qualità delle nostre foreste determinano il livello di rischio della diffusione di epidemie al pari della deforestazione indiscriminata. A dirlo è un recente studio portato avanti da Serge Morand e Claire Lajaunie, pubblicato sulla rivista Frontiers in Veterinary Science[1].
L’assunto di partenza è che la deforestazione e la perdita di biodiversità incidano sulla qualità della salute umana a causa delle malattie a trasmissione zoonotica o tramite vettore. Dal 1996 al 2016 si sono registrati 3.884 focolai per un totale di 116 malattie zoonotiche con salto di specie e 1996 focolai causati da 69 malattie infettive trasmesse da vettori (zanzare, mosche e zecche).
Epidemie e foreste: il primo studio sistematico al mondo
Quello di Morand e Lajaunie è considerabile come il primo tentativo di indagare su scala globale in che modo la perdita ed il guadagno di copertura forestale possano causare focolai di malattie[2]. Il punto di rottura risiede nella perdita di biodiversità. Una condizione che si verifica attraverso:
- deforestazione incontrollata, come sta avvenendo per la foresta Amazzonica
- rimboschimento dovuto alla nascita di piantagioni come quelle da palma da olio (le cosiddette monocolture o foreste commerciali)
- piantumazione di nuovi alberi limitati, però, solo ad alcune specie.
La comparsa di malattie e rispettive epidemie è ostacolata da predatori e habitat esistenti all’interno di foreste sane e ricche di biodiversità. Al contrario, affermano gli autori dello studio, virus zoonotici prolificano quando avviene un cambio d’uso del suolo. Certo, ci sono anche altri fattori, come il clima, che potrebbero giocare un ruolo importante all’interno di queste dinamiche, eppure, nonostante non ci siano prove inconfutabili dell’esistenza di una correlazione, gli scienziati sono concordi nell’affermare che un legame deve esserci.
Fao, Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, e Unep, Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente, sono dello stesso avviso: la mancanza di foreste peggiora la salute umana.
Epidemie e foreste: metodologia e casi accertati
Per effettuare i propri studi i due ricercatori hanno fatto affidamento sulla banca dati Gideon, una delle più autorevoli a livello globale in merito alle malattie infettive. La modellazione additiva generale (GAM) è stata, invece, utilizzata per studiare la relazione tra focolai di malattie infettive e copertura forestale o aree coltivate a palma da olio, tenendo conto della correlazione spaziale e temporale.
Incrociando questi dati si è osservato, ad esempio, che in Brasile, la deforestazione e la coltivazione di palme da olio aumentano il rischio di focolai di malattie trasmesse con vettori come la malaria.
Fenomeno osservabile anche nel sud-est asiatico dove, disboscamento e sfruttamento di foreste commerciali coltivate per la produzione di teak, gomma e palma da olio, permettono il proliferare di malattie zoonotiche e tramite vettore: un esempio è la zanzara Anopheles darling, responsabile della diffusione di epidemie di Dengue e Chikungunya.
In Africa la perdita delle foreste primarie ha favorito la diffusione del virus Ebola nell’area occidentale del continente e della Leishmaniosi trasmessa da antropodi.
Combattere modelli commerciali sbagliati
In buona parte, la perdita delle foreste è causata dal consumo di suolo dovuto alla produzione di specifiche materie prime. Alcune le abbiamo già citate, come l’olio di palma, ma possiamo annoverare anche la soia, la fibra di legno e la carne di manzo. In più, l’estrazione mineraria causa la contaminazione dei corsi d’acqua, modificando totalmente gli ecosistemi.
Il raggiungimento del punto di non ritorno potrebbe significare, a livello globale, il dilagare di fenomeni di siccità, incendi e malattie. Anche il rimboschimento di aree che invece dovrebbero essere praterie, savane, paludi o boschi aperti potrebbero provocare danni altrettanto gravi. Insomma, i rischi in termini di salute pubblica, soprattutto per le comunità locali, sono molto elevati.
La deforestazione in Amazzonia
In un articolo di Repubblica[3], Enrico Franceschini riporta la notizia di un’inchiesta condotta dalla BBC sulla messa in vendita di terreni in Amazzonia sul marketplace di Facebook.
Compravendita assolutamente illegale: speculatori e trafficanti non possiedono un certificato di proprietà di questi terreni, in alcuni casi grandi come 1000 campi di calcio. In più, si tratta di aree protette, riservate alle popolazioni indigene, alcune delle quali mai entrate in contatto con la modernità. Il tutto grazie al tacito assenso di Jair Bolsonaro, Presidente del Brasile, e alla mancata vigilanza da parte delle istituzioni governative. Strategia, secondo Vox, di cui i brasiliani si starebbero pentendo:
Bolsonaro starebbe negoziando un accordo con i funzionari statunitensi per incanalare nella sua amministrazione quelli che potrebbero essere miliardi di dollari per eliminare la deforestazione illegale entro il decennio.
In più, il Presidente dichiara di volersi impegnare a rendere il Brasile neutrale per le emissioni di carbonio entro il 2050. Accordo dal quale precedentemente si era tirato fuori.
Vettori geneticamente modificati
Se da un lato si combatte per salvare le foreste e la loro biodiversità, dall’altro c’è chi sta cercando di frenare la trasmissione di malattie modificando geneticamente alcuni vettori. È questo il caso dell’esperimento[4] che sta avendo luogo in questo periodo nelle Florida Keys su iniziativa della Oxitec, azienda britannica che sviluppa tecnologie per il controllo della trasmissione di malattie tramite gli insetti.
A dispetto delle obiezioni da parte dell’opinione pubblica, sono state rilasciate nell’atmosfera alcune zanzare geneticamente modificate. L’obiettivo è quello di sopprimere le popolazioni di zanzare Aedes aegypti responsabili della diffusione di Zika, Dengue, Chikungunya e Febbre gialla.
I soggetti maschi di Aedes aegypti bioingegnerizzati rilasciati nell’atmosfera sono portatori di un gene modificato che, trasmesso alla progenie femminile, l’uccide nelle prime fasi larvali. Venendo a mancare la componente femminile della specie, la popolazione dovrebbe diminuire di numero ma per conoscere gli esiti bisognerà attendere i prossimi mesi.
Epidemie: le misure palliative non sono sufficienti
L’esperimento della Florida sarà molto utile per combattere le malattie e diminuire anche l’uso di pesticidi ma non rappresenta la soluzione. L’aumento della popolazione e la riconversione dei terreni sono fenomeni sociali che proseguirebbero comunque dalla bioingegnerizzazione dei vettori. Così come non verrebbe risolto il problema delle malattie zoonotiche.
Insomma, secondo Morand e Lajaunie, la lotta contro deforestazione e sfruttamento delle foreste commerciali deve essere una priorità. A tal proposito il loro studio proseguirà andando ad approfondire le proprie analisi tramite satellite per rintracciare ulteriori evidenze del legame tra copertura forestale e malattie.
Resta la necessità di definire un quadro normativo internazionale per tutelare la conservazione delle foreste e degli ecosistemi, necessari alla regolamentazione della diffusione di epidemie.
Immagine di copertina: Foto di jplenio da Pixabay.
[1] S. Morand, C. Lajaunie, “Outbreaks of Vector-Borne and Zoonotic Diseases Are Associated With Changes in Forest Cover and Oil Palm Expansion at Global Scale”. Front. Vet. Sci., 24 March 2021 | https://doi.org/10.3389/fvets.2021.661063
[2] J. Watts, “Disease outbreaks more likely in deforestation areas, study finds”, The Guardian, 2021. Consultabile al seguente indirizzo: https://www.theguardian.com/environment/2021/mar/24/disease-outbreaks-more-likely-in-deforestation-areas-study-finds?utm_source=Nature+Briefing&utm_campaign=6f2d90b487-briefing-dy-20210324&utm_medium=email&utm_term=0_c9dfd39373-6f2d90b487-46136706
[3] E. Franceschini, “Amazzonia, la foresta pluviale in vendita su Facebook”, Repubblica, 2021. Consultabile al seguente indirizzo: https://www.repubblica.it/green-and-blue/2021/02/26/news/amazzonia_la_foresta_pluviale_in_vendita_su_facebook-289304605/?fbclid=IwAR2ZSjd8w4PYedPabagXd_sj4lEHHsC4OOlR6iVyPM93nyocBQrQV8VBvWg
[4] E. Waltz, “First genetically modified mosquitoes released in the United States”, Nature, 2021. Consultabile al seguente indirizzo: https://www.nature.com/articles/d41586-021-01186-6?utm_source=Nature+Briefing&utm_campaign=580db5f875-briefing-dy-20210504&utm_medium=email&utm_term=0_c9dfd39373-580db5f875-46136706
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Autore articolo
Martina Shalipour Jafari
Redattrice
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