Con l’espressione “demenza senile” viene designato un gruppo di malattie neurodegenerative che, come suggerisce l’espressione stessa, colpisce il cervello di una persona nella fase di invecchiamento, comportando una graduale ma irreversibile riduzione delle facoltà cognitive come, ad esempio, la perdita della memoria.
Si tratta di malattie già parecchio incidenti e per di più anche in aumento – “nel 2010 35,6 milioni di persone risultavano affette da demenza con stima di aumento del doppio nel 2030 [e del] triplo nel 2050”[1] – anche perché le popolazioni, e quella italiana in primis a livello europeo, crescono molto lentamente e invecchiano molto velocemente.
Ovviamente, la ricerca scientifica viene in nostro soccorso per affrontare anche questa minaccia. Proprio recentemente alcuni studi hanno condotto alla scoperta di nuove cause di demenza, mentre altri si stanno impegnando per il potenziamento della diagnostica e la personalizzazione della terapia.
Intelligenza artificiale per prevenire e curare la demenza senile
È questa la proposta del giovane fisico e ricercatore dell’IRCCS Fondazione Stella Maris, Paolo Bosco, il cui progetto di ricerca è stato premiato dal Ministero della Salute con un finanziamento di 450 mila euro.
Con “Intelligenza Artificiale” si intende “l’abilità di una macchina di mostrare capacità umane quali il ragionamento, l’apprendimento, la pianificazione e la creatività”[2]. Si tratta di una tecnologia che ha ormai più di mezzo secolo, ma che negli ultimi hanni ha fatto enormi passi avanti. L’AI viene già ampiamente utilizzata nella vita di tutti i giorni, che se ne abbia più o meno consapevolezza, sebbene sia vero che la società non si è ancora del tutto digitalmente trasformata. A tal proposito, infatti, l’Unione Europea ha stabilito che l’Intelligenza Artificiale sia una delle sue priorità[3].
La proposta del dott. Bosco, quella di un’applicazione medica dell’AI, si inserisce, dunque, all’interno di questa cornice, ponendosi come obiettivo un miglioramento nella diagnosi delle demenze che colpiscono gli anziani, nonché nelle relative terapie. Il progetto avrà una durata di tre anni e coinvolgerà anche l’Azienda Ospedaliero Universitaria Pisana e il milanese IRCCS Istituto Clinico Humanitas.
Ma come vi entra in gioco l’intelligenza artificiale?
Imaging e machine learning
Si tratta di applicare le tecniche del machine learning all’imaging medico, ovvero alle immagini di un’area del corpo umano non osservabile dall’esterno ottenute con diverse metodiche come, ad esempio, quella radiologica.
“Le immagini medicali digitalizzate contengono una enorme quantità di dati numerici che la semplice osservazione visiva, la cosiddetta analisi qualitativa, non riesce a elaborare. Delle informazioni contenute in una immagine medica digitale, l’analisi visiva riesce a estrarne solo una piccola parte. Se queste immagini vengono elaborate e analizzate attraverso complessi algoritmi matematici, è possibile ottenere dati quantitativi oggettivi, in grado di fornire informazioni sui sottostanti fenomeni fisiopatologici, inaccessibili alla semplice analisi visiva”[4].
Quanto al machine learning, invece, che si traduce in italiano come “apprendimento automatico”, ricollegandoci alla definizione di Intelligenza Artificiale sopracitata, questo consiste proprio in quella abilità di una macchina di mostrare capacità umane, tra cui, per l’appunto, anche quella dell’apprendimento. Anche una macchina, infatti, può apprendere dall’esperienza similmente a quanto viene fatto da un essere umano[5].
L’espressione “machine learning” è stata coniata nel ben lontano 1959 dall’informatico statunitense Arthur Lee Samuel, il pioniere dell’Intelligenza Artificiale, il creatore del primo gioco di dama per computer basato sull’apprendimento automatico. L’idea di Samuel era quella di iniziare giocando per poi far sì, con il tempo, che i computer potessero arrivare a risolvere i problemi più svariati.
Ebbene, ormai non si tratta più di un’astrazione ma di una concretezza.
L’algoritmo e il progetto
Un algoritmo di machine learning esplora i dati con una logica “prettamente induttiva: la macchina osserva un determinato campione di dati e ne ricava delle regole[;] successivamente va ad [osservarne] altri […] e a modificare di conseguenza le proprie conoscenze. È chiaro che più sono i dati disponibili […] maggiore sarà la capacità dell’algoritmo di fare delle previsioni esatte”[6].
Come già detto prima, ovviamente, è proprio in presenza di dati destrutturati (es. immagini mediche) che il valore del machine learning sa esprimersi al meglio, perché in grado di superare sia in termini di efficacia che di onerosità le analisi condotte con le metodologie tradizionali[7].
A proposito del suo progetto, il dott.Bosco ha dichiarato che grazie ai “recenti e straordinari sviluppi nelle tecniche di [Intelligenza Artificiale si è] mostrato di poter identificare elementi comuni in sottogruppi di soggetti appartenenti a grandi coorti”[8]: lo studio verrà condotto su un numero di 150 soggetti, che verranno seguiti per un anno e mezzo allo scopo di essere valutati dal punto di vista cognitivo mediante esami di risonanza magnetica cerebrale e da quello infiammatorio mediante esami del sangue, entrambi sia ad inizio che a fine studio[9].
L’indagine del dott. Bosco, dunque, si propone di approfondire anche la correlazione recentemente individuata tra anormali infiammazioni del sistema nervoso centrale e malattie neurodegenerative croniche, come nel caso dell’Alzheimer e in quello del Parkinson.
La speranza del ricercatore e del suo team è quella di riuscire a “gettare nuova luce sui diversi meccanismi fisiopatologici coinvolti nei processi neurodegenerativi e [così di] aprire alla possibilità di interventi personalizzati per i diversi profili di patologia”[10].
Asimmetria dentale e deficit cognitivi
Sempre da Pisa e dalla sua Università arriva la notizia di un altro studio, questa volta già condotto, che ha indagato la correlazione tra asimmetria dentale e malattie legate a deficit cognitivi, come la demenza. I risultati della ricerca guidata dalla dott.ssa Maria Paola Tramonti Fantozzi, in collaborazione con il medico odontoiatra Vincenzo De Cicco, sono stati pubblicati sulla rivista Scientific Reports lo scorso 26 febbraio.
Quanto è emerso dallo studio è che l’asimmetria di denti e mandibole può provocare una serie di altre asimmetrie, come in una sorta di reazione a catena: da un maggiore sviluppo muscolare all’aumento del diametro della pupilla, fino alla modificazione unilaterale di alcuni geni associati alla memoria[11].
“La sperimentazione alla base della ricerca è stata eseguita in volontari sani che, durante il morso, attivavano maggiormente i muscoli di un lato rispetto all’altro. Molti di essi non lamentavano disturbo durante il movimento della mandibola, ma tutti presentavano, oltre a questa asimmetria muscolare, anche un’asimmetria del diametro pupillare. I ricercatori hanno osservato che correggendo l’occlusione con un bite costruito ad hoc, si eliminavano sia l’asimmetria muscolare che quella delle pupille e che i soggetti miglioravano significativamente la performance nei test di abilità visuo-spaziale”[12].
Tuttavia, la ricerca non si è ridotta a questa prima sperimentazione di base e sono state condotte altre indagini anche su modelli animali, dalle quali si è potuto osservare che “la sezione unilaterale di alcune diramazioni nervose dentali produceva, nel giro di uno o due mesi, una modificazione asimmetrica dell’espressione di alcuni geni importanti per la regolazione della plasticità neuronale, a livello della corteccia cerebrale e dell’ippocampo, la zona del cervello associata alla memoria”[13].
Aspettiamo di saperne ancor di più, sempre fiduciosi nella ricerca e nel progresso della scienza.
[1] “Epidemiologia delle demenze”, Osservatorio Demenze dell’Istituto Superiore di Sanità. Consultabile al seguente indirizzo https://demenze.iss.it/epidemiologia/#:~:text=In%20Italia%2C%20il%20numero%20totale,nell’assistenza%20dei%20loro%20cari.
[2] “Che cos’è l’intelligenza artificiale e come viene usata?”, Parlamento Europeo, 3 settembre 2020. Consultabile al seguente indirizzo https://www.europarl.europa.eu/news/it/headlines/society/20200827STO85804/che-cos-e-l-intelligenza-artificiale-e-come-viene-usata.
[3] Cfr. Ibidem.
[4] “Diagnostica per immagini”, Wikipedia. Consultabile al seguente indirizzo https://it.wikipedia.org/wiki/Diagnostica_per_immagini.
[5] Cfr. Redazione Osservatori Digital Innovation, “Machine Learning: cos’è e come funziona l’apprendimento automatico”, Osservatori Digital Innovation, 9 maggio 2019.Consultabile al seguente indirizzo https://blog.osservatori.net/it_it/machine-learning-come-funziona-apprendimento-automatico.
[6] Ibidem.
[7] Cfr. Ibidem.
[8] Comunicato stampa “Quando l’intelligenza artificiale aiuta a personalizzare le terapie per le persone a rischio demenza”, IRCCS Fondazione Stella Maris, 1 gennaio 2021. Consultabile al seguente indirizzo https://www.fsm.unipi.it/2021/01/01/quando-lintelligenza-artificiale-aiuta-a-personalizzare-le-terapie-per-le-persone-a-rischio-demenza/.
[9] Cfr. Ibidem.
[10] Ibidem.
[11] Cfr. Comunicato stampa “L’asimmetria dentale ha effetti sul cervello e può causare malattie da deficit cognitivi come la demenza”, Unipinews, 9 marzo 2021. Consultabile al seguente indirizzo https://www.unipi.it/index.php/news/item/20372-l-asimmetria-dentale-ha-effetti-sul-cervello-e-puo-causare-malattie-da-deficit-cognitivi-come-la-demenza.
[12] Ibidem.
[13] Ibidem.
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Autore articolo
Federica Fiorletta
Redattrice
Laureata in Lingue, Culture e Traduzione Letteraria. Anglista e francesista, balzo dai grandi classici ottocenteschi alle letterature ultracontemporanee. Il mio posto nel mondo è il mondo, viaggio – con il corpo e/o con la mente – e vivo per scrivere.