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Uomini e topi: “microesperimenti” per “macroscoperte”

Come i roditori hanno e stanno continuando a garantire il progresso della Scienza, tra nanorobot, microplastiche e Coronavirus

Copertina_Topi

Mi duole assai che l’Uomo abbia spezzato

ogni legame che Natura fa,

sicché di lui tu pensi tanto male

che da me scappi via,

benché pur nato dalla terra io sia

e, come te, mortale.

ROBERT BURNS

Lo scorso 17 marzo 2021 la rivista Science Robotics ha pubblicato uno studio sul primo monitoraggio di uno sciame di nanorobot in topi vivi (“Swarming behavior and in vivo monitoring of enzymatic nanomotors within the bladder”).

Si tratta di uno studio condotto da un team dell’Istituto di Bioingegneria della Catalogna, lo “Smart Nano-Bio-Devices”, guidato dal Prof. Samuel Sánchez, e realizzato in collaborazione con il gruppo “Radiochemistry & Nuclear Imaging Lab” del Prof. Jordi Llop dell’Università Autonoma di Barcellona.

Si è ancora nella fase di ricerche e di sviluppo, ma si stanno facendo i primi passi avanti affinché quella dei nanorobot diventi una realtà applicata nell’ambito della biomedicina e con un utilizzo piuttosto vario: dall’identificazione delle cellule tumorali al rilascio mirato di farmaci nel corpo.

La specialità dei robot nanoscopici progettati dal team di ricerca  del Prof. Sánchez è quella di sapersi muovere autonomamente all’interno dei fluidi e di essere completamente biocompatibili, dal momento che questi robot si alimentano di “carburante” già disponibile nel corpo umano: gli enzimi[1].

I primi esperimenti in vitro e poi quelli in vivo

In un primo momento gli scienziati hanno condotto esperimenti in vitro, monitorando i nanorobot per mezzo di un microscopio ottico, mentre, in un secondo momento, lo hanno fatto in vivo, per mezzo della tomografia a emissione di positroni (PET, dall’inglese “Positron Emission Tomography”), una tecnica diagnostica di medicina nucleare per la produzione di bioimmagini.

I nanorobot sono stati introdotti nei topi prima per via endovenosa e poi direttamente all’interno delle loro vesciche, dopo averli superficialmente ricoperti di ureasi – un enzima – per alimentarli ad urea.

Monitorandone il comportamento, gli scienziati hanno osservato come questi robot nanoscopici siano in grado di mescolarsi con i fluidi e di migrare collettivamente, in maniera del tutto omogenea, coordinata ed efficiente. Il Prof. Sánchez ha dichiarato di aver osservato un movimento collettivo al pari di quelli che hanno luogo in natura, come avviene per gli stormi di uccelli e i banchi di pesce.

Il Prof. Llop si è dichiarato fiducioso nelle capacità dei nanorobot di poter raggiungere e penetrare i tumori, sottolineando quanto questo studio sia già una prima prova a sostegno di questa teoria.

D’altronde, i nanorobot sarebbero diversamente alimentabili. L’ureasi sulla loro superficie può essere sostituita, infatti, con altri enzimi, in considerazione dell’ambiente all’interno del quale li si dovrebbe far muovere[2]: è proprio così che questi robot nanoscopici biocompatibili potrebbero rivoluzionare sia il modo di fare diagnosi che quello di fare terapia.

Continuiamo a percorrere la strada del progresso!

Bambini cyborg

È italiano, invece, lo studio che ha provato per la prima volta la presenza di microplastiche nella placenta umana (“Plasticenta: First evidence of microplastics in human placenta”), pubblicato in data 2 dicembre 2020 sulla rivista scientifica Environment International.

Le ricerche sono state guidate dal Prof. Antonio Ragusa, direttore dell’Unità Operativa Complessa di Ostetricia e Ginecologia presso l’ospedale romano Fatebenefratelli, e sono state realizzate in collaborazione con il Politecnico della Marche.

“Con la presenza di plastica nel corpo viene turbato il sistema immunitario che riconosce come [self](se stesso) anche ciò che non è organico. È come avere un bimbo [cyborg]: non più composto solo da cellule umane, ma misto tra entità biologica e entità inorganiche[3].

Microplastiche_Topi

La presenza di microplastiche è stata rilevata nella placenta di quattro donne coinvolte nello studio, tutte e quattro di buona salute, con alle spalle una gravidanza e un parto del tutto regolari. Sarebbe dovuta a: imballaggi, cosmetici e prodotti per la cura del corpo, vernici.

In realtà, l’inquinamento da microplastiche ha ormai raggiunto ogni angolo del pianeta, dalla vetta dell’Everest fino agli abissi oceanici. Le beviamo e le mangiamo, le respiriamo tutti, indifferentemente, grandi e piccini[1] .

Una volta introdotte nel corpo, non si sa ancora con certezza quali effetti possano avere sulla nostra salute. Tuttavia, trovandosi anche nella placenta, le microplastiche potrebbero alterare lo sviluppo del sistema immunitario del feto o causargli danni a lungo termine.

Per essere sicuri di non contaminare a loro volta le placente, i ricercatori italiani hanno fatto ricorso ad un protocollo completamente plastic-free, prevedendo, ad esempio, il solo utilizzo di guanti e asciugamani in puro cotone all’interno della sala parto[4].

Feto_Topi

Ma cosa c’entrano i roditori in tutta questa storia?

Da mamma ratto al cucciolo di roditore

A seguito della preoccupante scoperta di microplastiche all’interno della placenta, si è subito iniziato a sperimentare per cercare delle risposte a tutti i nuovi quesiti spontaneamente sorti e lo si è iniziato a fare utilizzando dei ratti.

“[I roditori sono] un ottimo modello delle malattie umane perché l’organizzazione del [loro] DNA e l’espressione dei [loro] geni sono simili a quelle dell’uomo […]. [I roditori] contraggono molte delle malattie umane, come: cancro, diabete e persino l’ansia. La manipolazione dei loro geni può provocare in loro altre malattie dalle quali normalmente non sarebbero colpiti; ne consegue che la ricerca sui [roditori] ha contribuito ad una migliore comprensione sia della fisiologia umana, sia delle cause delle malattie[5].

Condotto da un team di ricercatori della Rutgers University guidato dalla Prof.ssa Phoebe Stapleton, lo studio (“Nanopolystyrene translocation and fetal deposition after acute lung exposure during late-stage pregnancy”) ha previsto l’inserimento di nanoparticelle di polistirolo – una delle cinque plastiche più disperse nell’ambiente – all’interno della trachea degli animali – ratti nell’ultima fase di gravidanza.

Quale i risultati di tale tentativo? Innanzitutto, si è osservato come le nanoparticelle siano in grado di oltrepassare la barriera rappresentata dalla placenta, disseminandosi rapidamente e ovunque nel feto: cuore, cervello, polmoni, fegato, reni; dopodiché,  si è rilevata anche una certa perdita di peso da parte del feto, proprio nella fase di gestazione in cui quest’ultimo dovrebbe guadagnarne di più.

La sperimentazione va avanti. D’altronde, non si è ancora definita l’entità di un eventuale danno provocato dalla presenza e dalla trasmissione –  nel corpo dei roditori così come nel nostro – delle microplastiche. Gli scienziati continuano ad interrogarsi e a cercare risposte. Il prossimo tentativo prevederebbe non più solo di introdurre particelle nella trachea dei ratti, ma di far sì che siano i ratti stessi ad inalarle, proprio come noi facciamo[6].

Coronavirus: le varianti hanno contagiato anche i topi

È recentissima la notizia secondo cui le varianti sudafricana e brasiliana di Coronavirus sono riuscite ad infettare anche i topi, tanto è vero che lo studio dell’Istituto Pasteur di Parigi (“The B1.351 and P.1 variants extend SARS-CoV-2 host range to mice“) non è stato ancora pubblicato.

Oltre che nei topi, le varianti sono state trovate anche nei gatti. Il timore è che, dopo aver infettato altre specie animali, possano ritornare, a loro volta mutate, negli esseri umani: “[o]gni volta che un virus replica può mutare in modo sfavorevole agli umani e, quando deve adattarsi per fare il salto di specie, muta ancora di più”[7].

In ogni caso, non lasciamoci spaventare. Ricordiamoci, infatti, di poter confidare in Scienza e Ricerca, e senza dimenticarci del fatto che siamo già in possesso dell’arma vincente: i vaccini.

Vaccino_Topi

[1] Cfr. “Observed in vivo the collective movement of nanorobots”, IBEC Institute of Bioengineering of Catalonia, 17 marzo 2021. Consultabile al seguente indirizzo https://ibecbarcelona.eu/observed-in-vivo-the-collective-movement-of-nanorobots/

[2] Cfr. Ibidem

[3] “Trovate per la prima volta microplastiche nella placenta umana”, La Repubblica, 9 dicembre 2020. Consultabile al seguente indirizzo https://www.repubblica.it/salute/2020/12/09/news/trovate_per_la_prima_volta_microplastiche_nella_placenta_umana-277658153/

[4] Cfr. Damian Carrington, “Microplastics revealed in the placentas of unborn babies”, The Guardian, 22 dicembre 2020. Consultabile al seguente indirizzo https://www.theguardian.com/environment/2020/dec/22/microplastics-revealed-in-placentas-unborn-babies

[5] “Topo”, Animal Research. Consultabile al seguente indirizzo http://www.animalresearch.info/it/progettazione-della-ricerca/animali-la-ricerca/topo/

[6] Cfr. Damian Carrington, “Plastic particles pass from mothers into foetuses, rat study shows”, The Guardian, 18 marzo 2021. Consultabile al seguente indirizzo https://www.theguardian.com/environment/2021/mar/18/plastic-particles-pass-from-mothers-into-foetuses-rat-study-shows?CMP=twt_gu&utm_source=Twitter&utm_medium#Echobox=1616076200

[7] Silvia Turin, “Coronavirus, le varianti contagiano i topi per la prima volta”, Corriere della Sera, 22 marzo 2021. Consultabile al seguente indirizzo https://www.corriere.it/salute/malattie_infettive/21_marzo_22/coronavirus-varianti-contagiano-topi-la-prima-volta-4b1014ae-8a56-11eb-82d5-215578033673.shtml

Autore articolo

Federica Fiorletta

Federica Fiorletta

Redattrice

Laureata in Lingue, Culture e Traduzione Letteraria. Anglista e francesista, balzo dai grandi classici ottocenteschi alle letterature ultracontemporanee. Il mio posto nel mondo è il mondo, viaggio – con il corpo e/o con la mente – e vivo per scrivere.

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