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Cambiamento degli ecosistemi: l’uomo e l’ambiente

La Corrente del Golfo rallenta mentre in Australia 19 ecosistemi sono stati dichiarati morti

Cambiamento degli ecosistemi

I ricercatori sono concordi da tempo sull’impatto che le attività umane stanno avendo sulla Terra provocando un repentino cambiamento degli ecosistemi. Negli ultimi 10 mila anni[1] il nostro pianeta ha vissuto un periodo di stabilità ambientale che i geologi definiscono Olocene, in cui l’umanità si è sviluppata ed ha prosperato. Gli scienziati hanno stimato che senza l’intervento dell’uomo, l’Olocene potrebbe durare altre migliaia di anni.

Con la rivoluzione industriale si è dato avvio ad una nuova era: l’Antropocene, un’epoca che sta causando numerosi e importanti stravolgimenti ambientali.

Da qui la necessità di correre ai ripari e già più di dodici anni fa i ricercatori avevano proposto quelli che sono stati definiti confini planetari: limiti sicuri entro cui l’umanità potesse operare nel rispetto del sistema Terra, senza stravolgerne gli equilibri.

Ovviamente quei confini sono stati nel frattempo abbondantemente superati tanto che oggi studiosi di tutto il mondo si trovano a lanciare nuovi allarmi. Ed alcune notizie sono davvero preoccupanti.

Cambiamento degli ecosistemi

Cambiamento degli ecosistemi: la Corrente del Golfo rallenta la sua corsa

La Corrente del Golfo sta cambiando e non è mai stata così in crisi negli ultimi 13 mila anni. In realtà, questo enorme fiume subacqueo fa parte di un sistema più grande: il capovolgimento meridionale della circolazione atlantica (AMOC, Atlantic meridional overturning circulation), un sistema di correnti oceaniche che trasporta acqua calda dai Tropici al nord Atlantico.

Il funzionamento della Corrente del Golfo, dicono gli esperti, è da considerarsi un vero miracolo climatico poiché in nessun’altra area del mondo esistono condizioni così favorevoli alla sopravvivenza della specie umana, ad una distanza così elevata dall’Equatore[2]. Senza di essa il Nord Europa congelerebbe, il livello del mare sui due lati dell’Atlantico si innalzerebbe, la zona sudorientale degli Stati Uniti sarebbe investita da un numero maggiore di uragani, l’area del Sahel, in Africa, vedrebbe azzerate le precipitazioni.

Ebbene, la Corrente del Golfo sta realmente rallentando. Una ricerca pubblicata recentemente sulla rivista Nature Geoscience[3] mostra i risultati di un’attenta analisi effettuata dai ricercatori su sedimenti oceanici, carote di ghiaccio, coralli e anelli degli alberi. Dal 400 d.C. la forza di circolazione dell’AMOC – e quindi anche della Corrente del Golfo – non è mai stata così fiacca.

Cambiamento degli ecosistemi: l’autostrada atlantica sta cedendo

La rottura dell’equilibrio ambientale, dicono i ricercatori, è iniziata con la rivoluzione industriale ed ha avuto i primi cambiamenti osservabili a partire dal ‘900, per accelerare a metà del secolo.

In realtà questa rottura è già avvenuta in passato. Durante l’ultima glaciazione le alterazioni della Corrente del Golfo in Europa avrebbero causato: crollo delle temperature di 15 C° al di sotto delle medie odierne, creando delle condizioni simili a quelle artiche; trasformazione delle aree settentrionali dell’Africa e dell’America meridionale in zone più aride; piogge meno frequenti.

L’elemento critico sta nella densità dell’acqua, frutto della combinazione tra salinità e temperature.

L’AMOC permette il passaggio di acqua calda verso nord – acqua che nel suo viaggio si raffredda perdendo una quantità di calore pari a 78 mila volte il consumo totale dell’energia utilizzata attualmente nella penisola scandinava – mitigando i climi delle coste dei Paesi che incontra lungo il proprio percorso. Raffreddandosi, l’acqua guadagna salinità e si addensa, provocando una discesa nelle profondità oceaniche. Come in un circolo vizioso, questa stessa acqua torna verso sud e tramite il processo di risalita (upwelling) stimola la crescita del fitoplancton, com’è ben spiegato in questo articolo del New York Times[4].

La bolla fredda nel nord Atlantico

Lo scioglimento dei ghiacci e le copiose piogge, conseguenze del cambiamento climatico, stanno alterando la salinità dei mari. Già nel 2018 si era osservato un indebolimento della Corrente del 15%.

Cambiamento degli ecosistemi
Correnti oceaniche. Fonte: Ocean 4 Future.

I ricercatori per capire meglio le alterazioni di quest’autostrada oceanica hanno posizionato dei sensori in superficie e nelle profondità dell’Oceano Atlantico e si sono resi conto che, nonostante le temperature a livello globale si stiano alzando, nella zona sud-est della Groenlandia (Nord Atlantico) l’acqua si sta raffreddando, creando quella che è stata definita dai ricercatori una bolla fredda.

L’aumento della salinità del sud Atlantico e l’abbassamento della temperatura nell’area settentrionale dell’oceano fanno presumere che il processo stia peggiorando. Il punto di non ritorno non è ancora stato raggiunto ma le previsioni non sono ottimistiche: se il riscaldamento dovesse continuare la Corrente del Golfo potrebbe arrivare a ridurre la propria forza del 45% entro il 2100.

L’Australia fatica a riconoscere se stessa

Nel frattempo, dall’altra parte del mondo le cose non vanno meglio. Un gruppo di ricerca australiano ha pubblicato, poche settimane fa, un articolo[5] in cui annuncia ufficialmente la morte di ben 19 ecosistemi.

In apertura avevamo parlato di confini planetari: il processo di trasformazione che è avvenuto e sta tuttora avvenendo in Australia – dichiarano gli autori del paper – è il frutto del superamento di queste soglie fissate ed ignorate.

Tra questi ecosistemi figurano: l’interno arido, le savane e le foreste di mangrovie dell’Australia settentrionale, la Grande barriera corallina, la Baia degli Squali, le alghe, le foreste di frassino dell’Australia meridionale, la tundra sull’Isola di Macquarie ed i letti di muschio dell’Antartide[6].

Salvaguardare gli ecosistemi: ancora si può

Ma cosa si intende per ecosistema? Con questo termine ci si riferisce ad ambienti costituiti da componenti viventi e non viventi in continua interazione reciproca: quando uno o più elementi di questo ambiente vengono alterati o scompaiono, possono realizzarsi degli squilibri tali da portare alla morte dell’ecosistema stesso.

Ed è ciò che è accaduto in molte aree dell’Australia. L’ambiente è stato modificato in maniera radicale, perdendo specie e habitat, riducendo la vegetazione e l’estensione della barriera corallina. Difficilmente ci sarà una ripresa.

Cambiamento degli ecosistemi

Per fortuna il processo non è ancora irreversibile: alcuni ecosistemi resistono come nel caso del bacino Murray-Darling, responsabile del 30% della produzione agricola totale australiana. Ma anche la siccità e la mancanza di acqua potabile nelle città è un rischio per la stessa sopravvivenza umana. Si può ancora intervenire; gli scienziati propongono uno schema denominato 3A:

  • Awareness – consapevolezza di cosa è importante
  • Anticipation – anticipazione di ciò che accadrà
  • Action – agire per arginare il processo.

E se…

Pochi giorni fa è avvenuta una svolta importante e inaspettata, proprio sul tema ambientale. La Commissione statistica delle Nazioni Unite, che si occupa di definire e di verificare gli standard delle statistiche ufficiali nei Paesi membri, si è riunita nel suo appuntamento annuale. Tra i nuovi parametri sono stati stabiliti una serie di principi per misurare e valutare in termini monetari la salute dell’ecosistema. Questi principi, denominati System of Environmental-Economic Accounting Ecosystem Accounting (SEEA EA), sono stati adottati da molti paesi pochi giorni fa, dall’11 marzo.

[…] forniranno agli statistici nazionali un regolamento concordato a livello internazionale. Fornirà un modello per i pagamenti per i servizi ecosistemici […] e un punto di riferimento ufficiale rispetto al quale le condizioni degli ecosistemi possono essere giudicate dai responsabili delle politiche e dai ricercatori nel tempo[7].

Il dibattito, anche su questo, è molto acceso: come è possibile valutare qualcosa che non è acquistabile tantomeno vendibile? Il confronto sicuramente proseguirà negli anni a venire ma la grande novità sta nel peso economico assegnato alla natura, non solo in termini di produzione di beni, ma anche di salvaguardia.


[1] Rockström, J., Steffen, W., Noone, K. et al. “A safe operating space for humanity”. Nature 461, 472–475 (2009). https://doi.org/10.1038/461472a Consultabile al seguente indirizzo: https://www.nature.com/articles/461472a#citeas

[2] Focus, “La Corrente del Golfo non è mai stata così debole in 1.600 anni”, 2021. Consultabile al seguente indirizzo: https://www.focus.it/scienza/scienze/corrente-del-golfo-amoc-debole-global-warming?fbclid=IwAR2v79laghFxjzlNGkI08cHYtIPM3Ep-CeUFB-VwwIRLGxWKE6CAU7pTruo

[3] Caesar, L., McCarthy, G.D., Thornalley, D.J.R. et al. Current Atlantic Meridional Overturning Circulation weakest in last millennium. Nat. Geosci. 14, 118–120 (2021). https://doi.org/10.1038/s41561-021-00699-z.  Consultabile al seguente indirizzo: https://www.nature.com/articles/s41561-021-00699-z.epdf?sharing_token=LNZdFyGUDeaSFQdwG3kW1NRgN0jAjWel9jnR3ZoTv0P93m6r2g6HCxEqjXwwP2zvNWm69miAlh1y_Z4SKXkP2NAtH85-ybrjzlNOb1aHPGpXdKuIrnc0h7rA8U10fSv1sjJBSAzaalr8rFNjurekwj8tgcPoD21PeBA1IQEeU4triUMlvIIK-aKhNpSBJiI52anc4VryMiDLqlRpmOYcY6PEGgqkR8mvMeqohC-Pc0g%3D&tracking_referrer=www.iflscience.com

[4] The New York Times, “In the Atlantic Ocean, Subtle Shifts Hint at Dramatic Dangers”, 2021. Consultabile al seguente indirizzo: https://www.nytimes.com/interactive/2021/03/02/climate/atlantic-ocean-climate-change.html?utm_source=Nature+Briefing&utm_campaign=799160eb16-briefing-dy-20210304&utm_medium=email&utm_term=0_c9dfd39373-799160eb16-46136706 

[5] Bergstrom, Wienecke, van den Hoff, Hughes, Lindenmayer, et al.  “Combating ecosystem collapse from the tropics to the Antarctic”, 2021. Glob Change Biol. https://doi.org/10.1111/gcb.15539. Consultabile al seguente indirizzo: https://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1111/gcb.15539

[6] The conversation, “‘Existential threat to our survival’: see the 19 Australian ecosystems already collapsing”, 2021. Consultabile al seguente indirizzo: https://theconversation.com/existential-threat-to-our-survival-see-the-19-australian-ecosystems-already-collapsing-154077?utm_source=Nature+Briefing&utm_campaign=2caa0b8e5e-briefing-dy-20210302&utm_medium=email&utm_term=0_c9dfd39373-2caa0b8e5e-46136706

[7] Nature, “Growing support for valuing ecosystems will help conserve the planet”, 2021. Consultabile al seguente indirizzo: https://www.nature.com/articles/d41586-021-00616-9?utm_source=Nature+Briefing&utm_campaign=69702ba899-briefing-dy-20210311&utm_medium=email&utm_term=0_c9dfd39373-69702ba899-46136706

Autore articolo

Martina Shalipour Jafari

Martina Shalipour Jafari

Redattrice

Giornalista pubblicista ed esperta di comunicazione digitale.
Instancabile lettrice e appassionata di cinema.
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