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XIX: un secolo in movimento

In giro per il mondo a bordo di piroscafi, di treni e della prima automobile

Copertina_Verne_Trasporto

Maestro, quanti sogni avventurosi

sognammo sulle trame dei tuoi libri!

La Terra il Mare il Cielo l’Universo

per te, con te, poeta dei prodigi,

varcammo in sogno oltre la scienza.

Guido Gozzano

Siamo a Parigi ed è il 30 gennaio 1873: insieme alla casa editrice Hetzel, Jules Gabriel Verne pubblica Le tour du monde en 80 jours, per la prima volta in un unico volume.

Il romanzo è già apparso, infatti, come feuilleton, ovvero sottoforma di romanzo “a puntate” o “d’appendice”, sul giornale Le Temps, tra il 6 novembre e il 22 dicembre dell’anno precedente.

Il 1872 è anche il tempo scelto dall’autore per la storia da lui raccontata in questa sua opera, alla quale decide di dare come protagonista non un parigino, ma un londinese: il gentiluomo Phileas Fogg.

Membro del Reform Club, appresa la notizia di una nuova linea ferroviaria grazie alla quale sarebbe possibile viaggiare per il mondo intero in meno di tre mesi, Fogg scommette con i suoi scettici soci di riuscire a compiere l’impresa e si lancia in quest’avventura apparentemente folle.

Per la pubblicazione del romanzo in lingua italiana, si dovrà attendere il 1874, quando saranno i fratelli Treves, editori milanesi, ad occuparsi della traduzione del romanzo di “Giulio Verne”, che verrà diffusa con l’ormai celebre titolo di Il giro del mondo in 80 giorni.

Verne_Il giro del mondo in 80 giorni

Siamo nel XIX secolo, un periodo di profonda innovazione non soltanto da un punto di vista artistico-letterario (anche se non in specifico riferimento all’opera in questione, Jules Verne è uno degli scrittori a cui viene comunemente attribuita la paternità del genere narrativo fantascientifico), ma anche e soprattutto dai punti di vista scientifico-tecnologico e socio-economico: il XIX secolo è, invero, il secolo delle due rivoluzioni industriali, iniziate, in Inghilterra, già nel secolo precedente. Si tratta, dunque, di un periodo notoriamente innovativo, ma tali innovazioni non riguardarono solo e preliminarmente l’ambito letterario.

Così, ad esempio, dietro la storia di Phileas Fogg ci sarebbe, infatti, quella di George Francis Train – imprenditore statunitense che, nel 1870, girò veramente il mondo in 80 giorni – e, quindi, la Storia, con la “s” maiuscola.

Al di là della correttezza o non correttezza dell’asserire che il personaggio fittizio sia ispirato ad un personaggio reale, resta il fatto che, per quanto effettivamente fittizia, l’azione narrativa muove proprio da un evento reale, ovvero quello dell’inaugurazione della cosiddetta “Valigia delle Indie”: la Storia dietro una storia indubbiamente c’è.

La Valigia delle Indie, 1870-1914: in treno e piroscafo, da Londra fino a Bombay

“Valigia delle Indie” (in inglese, “Indian Mail”) fu il nome che venne dato al percorso di collegamento internazionale –  via mare e via terra – tra l’Impero coloniale britannico e i suoi domini indiani: merci e passeggeri, che partivano da Londra, potevano arrivare fino a Bombay e viceversa.

Colonie Indiane_Impero britannico

Gran BretagnaFranciaItaliaEgittoIndia: era pratica comune, all’epoca, raggiungere le colonie o la madrepatria circumnavigando il continente africano, un viaggio per il quale normalmente si impiegavano all’incirca un centinaio di giorni; pertanto, quando si riuscì a trovare un’alternativa, ovvero quella di passare non intorno ma all’interno dell’Africa, le tempistiche vennero quasi dimezzate.

Fu dopo il 1862 e, quindi, dopo il processo unitario, che l’Italia propose un accordo alla Gran Bretagna, alla quale fu concesso di passare, prima via mare e dopo via terra, da Ancona a Brindisi, per raggiungere dal porto pugliese quello di Alessandria d’Egitto. Da qui, nuovamente via terra, si arrivava fino Suez, dove, grazie al canale, inaugurato nel 1869, e, quindi, via mare, passando dal Mar Mediterraneo direttamente all’Oceano Pacifico, ci si dirigeva verso le coste indiane, per proseguire, via terra, fino a Bombay e, da qui, allo stesso modo, concludere eventualmente il viaggio arrivando a Calcutta.

Il primo viaggio ufficiale della Valigia delle Indie risale al 25 ottobre 1870.

Il 5 gennaio 1872 la Valigia delle Indie attraversava il traforo del Frejus, il primo tunnel ferroviario più lungo del mondo (fu superato, infatti, da quello del San Gottardo, nel 1882), che collegava la Francia all’Italia.

Tuttavia, proprio l’Italia, che per prima si era fatta avanti con la Gran Bretagna, iniziò pian piano a venire meno al suo impegno: il porto di Brindisi non fu mai adeguatamente attrezzato e, così, gli inglesi finirono col preferirgli quello di Marsiglia, in Francia. Questa preferenza fu senz’altro determinata anche dal fatto che l’Italia avesse iniziato a stringere accordi politico-militari con Austria e Germania, complicando sempre più i suoi rapporti proprio con Francia e Gran Bretagna.

La rottura fu inevitabile: nel 1914, la Valigia delle Indie venne definitivamente soppressa.

Il motore a vapore per piroscafi e treni

Non ci sarebbe stata nessuna Valigia delle Indie se prima, però, non ci fosse stata la macchina a vapore. Fu proprio grazie all’invenzione di questa macchina motrice – il cui funzionamento si basava sulla conversione di energia termica in energia meccanica tramite, per l’appunto, il vapore acqueo – che fu possibile, infatti, far “marciare le navi e, naturalmente, i treni”[1], rappresentanti – quest’ultimi – della sua maggiore applicazione pratica[2].

L’invenzione della moderna macchina a vapore viene comunemente attribuita allo scozzese James Watt, sebbene il suo vero merito sia stato quello di perfezionare il funzionamento di questo dispositivo ideato precedentemente, ovvero all’inizio del XVIII secolo, dal meccanico inglese Thomas Newcomen.

Così come concepita da Newcomen, la macchina a vapore poteva essere impiegata per l’estrazione di acqua principalmente nelle miniere: la quantità di carbone necessaria per il suo utilizzo era, infatti, davvero notevole. Con il suo intervento, Watt riuscì, invece, a ridurre lo spreco di quello che, all’epoca, costituiva il combustile più ampiamente adoperato e, dunque, a generalizzare l’uso di questo nuovo dispositivo: la moderna macchina a vapore fu, di fatto, “l’innovazione tecnologica fondamentale nella prima rivoluzione industriale”[3].

Nel 1807, lo statunitense Robert Fulton montò il motore di James Watt sul piroscafo Clermont, il primo battello a vapore commerciale, che navigò lungo il fiume Hudson.

Il primo treno commerciale a montare un motore a vapore fu, invece, il Locomotion, che viaggiò lungo la tratta tra Stockton-on-Tees e Darlingtion il 27 settembre 1825.

Il motore a gas e l’automobile

Siamo a Mannheim ed è il 29 gennaio 1886: Karl Friedrich Benz brevetta la Benz Patent Motorwagen, la prima automobile, equipaggiata con motore a combustione interna e ad accensione comandata.

Benz_automobile

Come nel caso del motore a vapore, anche in quello del motore a scoppio (ovviamente, non più a vapore, ma a gas), si è trattato di intervenire, per perfezionarla, su una preesistente invenzione: la Benz Patent Motorwagen montò, infatti, un motore a quattro tempi, ideazione dell’ingegnere Nikolaus August Otto, che ne aveva brevettato un primo modello sperimentale già nel 1862.

Negli anni successivi, Otto migliorò la sua costruzione, avvalendosi della collaborazione di altri ingegneri e registrando un ulteriore brevetto nel 1876. Tuttavia, i rapporti tra collaboratori e soci cominciarono ben presto ad inasprirsi, a tal punto che alla fine si decise di ricorrere alle vie legali: nel 1886, Otto perse la causa da lui stesso intentata tre anni prima e, così, perse anche il suo ultimo brevetto, liberando l’invenzione del motore a quattro tempi da qualsiasi vincolo legale. Ad approfittarne immediatamente, allora, fu proprio Benz, che registrò motore e vettura con un unico brevetto, consacrandosi definitivamente e ufficialmente come l’inventore della prima automobile.


[1] Treccani, “Macchina a vapore”. Consultabile al seguente indirizzo https://www.treccani.it/enciclopedia/macchina-a-vapore/.

[2] Cfr. Ibidem.

[3] Cfr. Ibidem.

Autore articolo

Federica Fiorletta

Federica Fiorletta

Redattrice

Laureata in Lingue, Culture e Traduzione Letteraria. Anglista e francesista, balzo dai grandi classici ottocenteschi alle letterature ultracontemporanee. Il mio posto nel mondo è il mondo, viaggio – con il corpo e/o con la mente – e vivo per scrivere.

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