Scoperto in Alaska il tredicesimo supervulcano al mondo che va ad aggiungersi a quelli già celebri e che troviamo in questa lista:
- Mount Aniakchak, Alaska, Stati Uniti d’America
- Aso, Kyūshū, Giappone
- Kikai Caldera, Ryūkyū, Giappone
- Caldera della Long Valley, California, Stati Uniti d’America
- Monte Mazama, Oregon, Stati Uniti d’America (ora Lago Crater)
- Lago Taupo, Isola del Nord, Nuova Zelanda
- Lago Toba, Sumatra, Indonesia
- Valle Grande, Nuovo Messico, Stati Uniti d’America
- Monte Warning, Nuovo Galles del Sud, Australia
- Caldera di Yellowstone, Wyoming, Stati Uniti d’America
- Campi Flegrei, Campania, Italia
Ebbene sì, uno dei “camini” più pericolosi al mondo si trova in Italia, in Campania, e non è il Vesuvio. A rendere particolarmente grandi e temibili questi vulcani non è tanto il cono, più o meno visibile ma le dimensioni della caldera. A quanto pare alcuni ricercatori provenienti da vari istituti di ricerca statunitensi hanno proposto all’American Geophysical Union (AGU) l’ipotesi che possa essercene un altro non ancora identificato che interesserebbe una parte dell’Alaska pressoché disabitata, con una importante presenza e attività vulcanica[1].
Parliamo delle isole Aleutine, nell’area settentrionale dell’oceano Pacifico, a metà strada circa tra continente asiatico e americano, tra l’Alaska e la Kamchatka. Di origine vulcanica, le Four Mountains sono un gruppo di isole con sei strato-vulcano chiamati Carlisle, Cleveland, Herbert, Kagamil, Tana e Uliag. Finora si è sempre ritenuto che fossero separati tra loro. La nuova ipotesi, suffragata anche da immagini del satellite, sembra confermare che almeno quattro dei sei coni siano bocche di sfiato collegate tra loro da una unica mega caldera di 20 chilometri di diametro, a formare il supervulcano. Ovviamente si tratta di ipotesi che devono ancora essere adeguatamente suffragate da ulteriori indagini ma se così fosse, avremmo un nuovo gigante da tenere sotto controllo.
Il Supervulcano e la scala VEI
Il termine supervulcano, in realtà, non ha origine scientifica. Come sempre i giornalisti ci mettono lo zampino e così è stato anche per questo neologismo che sta prendendo sempre più piede anche tra gli esperti del settore. Furono gli autori del programma di divulgazione scientifica Horizon della BBC, andato in onda nel 2000 ad utilizzare per primi questo termine. Espressione che sta ad indicare la potenziale carica distruttiva in grado di modificare radicalmente non solo l’ambiente circostante ma anche il clima a livello mondiale.
Nello specifico, a renderli “super” è la loro potenziale forza eruttiva indicata dalla scala VEI[2] (Volcanic Explosivity Index), ossia l’indice di esplosività vulcanica che si esprime in valori compresi tra 0 e 8, dove con 0 si intende la classica eruzione hawaiana, non esplosiva, con durata limitata in termini di emissione continua e altezza della colonna eruttiva di poche centinaia di metri, mentre con 8 si intende una eruzione mega-colossale, con 1000 km3 di materiali emessi, durata eruttiva oltre le 12 ore e più di venti km di altezza della colonna.
Anche la periodicità delle eruzioni varia da grado a grado. In quelle di valore 0 i fenomeni vulcanici sono molto frequenti, in quelli di valore 8, è probabile che avvengano ogni 50 mila anni. Come tutti i sistemi di valutazione anche la scala VEI ha i suoi limiti: non considera la densità dei materiali eruttati, è difficile da calcolare in caso di eruzioni preistoriche e non valuta il quantitativo di anidride solforosa emessa nell’atmosfera.
Steamboat, il geyser attivo più alto del mondo del parco di Yellowstone
Dopo 34 anni di attività saltuaria e sporadica, il geyser Steamboat, nel parco statunitense di Yellowstone, ha ripreso la sua attività a pieno ritmo ormai dal 2018. Gli scienziati si sono interrogati sulle cause alla base di questa intensa attività mai registrata prima. Essendo uno dei supervulcani più importanti al mondo, con una caldera di 60 chilometri di diametro, quello di Yellowstone è uno dei parchi più attenzionati del mondo. Da qui la domanda sull’attività “anomala” di Steamboat. Proprio alcuni giorni fa la rivista scientifica americana Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America (PNSA) ha pubblicato uno studio proprio su questo tema[3].
Gli studiosi hanno analizzato vari fattori per comprenderne le cause. Poco prima della riattivazione del geyser nel 2018, infatti, il Norris Geyser Basin, cioè la zona in cui si trova Steamboat, è stata interessata da una maggiore attività sismica e conseguente sollevamento del terreno, con leggero aumento della temperatura radiante. Elementi che potrebbero giustificare una sua riattivazione ma fino ad un certo punto. Difatti, non essendo cambiata la temperatura all’interno del serbatoio geotermico, nessun altro geyser sembra essersi attivato, eccetto lui.
A cosa altro potrebbe essere dovuto, dunque, questo movimento? Gli studiosi avevano ipotizzato che potesse essere dovuto ad un maggiore apporto di acqua grazie alle copiose precipitazioni e allo scioglimento di ghiacci, convogliati nel parco tramite i vari fiumi che attraversano l’area. Una seconda ipotesi, imputava l’intensa attività di Steamboat ai frequenti movimenti tellurici della zona. Nessuna delle due, però, confermata dai monitoraggi. Da qui si è aperta una terza via. Secondo gli studiosi la riattivazione del geyser più alto del mondo sarebbe da imputare ad alcuni cambiamenti che operano all’interno del suo sistema idrotermale locale. Una cosa è certa: lo spettacolo per i visitatori è assicurato.
Super caldera scoperta nel Mar delle Filippine
Per rimanere in tema di giganti del mondo, poco più di un anno fa, nel novembre del 2019, un gruppo di geofisici marini ha pubblicato uno studio su una altra caldera dalle dimensioni impressionanti[4]. Si parla di un diametro stimato di 150 chilometri, oltre il doppio di quella di Yellowstone. Un supervulcano composto perlopiù da rocce magmatiche, nascosto nelle profondità del Mar delle Filippine, ad est dell’isola di Luzon. Da un rilevamento gravimetrico, è stato stimato che lo strato di rocce sia alto 14.000 metri, 5.200 dei quali salgono dal fondo oceanico. Età di questo gigante? Tra i 47,9 e i 26 milioni di anni. Date le dimensioni non comuni, i ricercatori l’hanno chiamata “caldera Apolaki”, che significa “signore gigante”, il mitico dio del Sole e della guerra.
Non sorprende che questo supervulcano si trovi nel sud-est asiatico, notoriamente interessato da fenomeni eruttivi e conseguenti eventi tellurici. Non bisogna dimenticare la tragedia dello tsunami del 26 dicembre 2004 nell’isola di Sumatra. Disastro che si è guadagnato un posto nella classifica degli eventi naturali più catastrofici dell’età moderna con centinaia di migliaia di morti. Ma non bisogna nemmeno dimenticare quello che tutti noi conosciamo come l’anno senza estate. Era il 1816 quando nel mondo si sono osservate parecchie anomalie climatiche durante il periodo estivo.
Anomalie che hanno distrutto i raccolti e creato una grave carestia nel continente europeo, nel Canada orientale e negli stati americani del nord-est. Oggi se ne è capito il motivo. Nel 1815, un anno prima, ci fu l’eruzione del vulcano Tambora, nell’isola Sumbawa, in Indonesia. Sommato alle due precedenti grandi eruzioni dei vulcani Soufrière nell’isola di Saint Vincent nei Caraibi nel 1812 e il monte Mayon nelle Filippine nel 1814, era stato immesso nell’atmosfera un quantitativo di polveri e gas tale da ostacolare il passaggio della luce solare. Da qui il brusco abbassamento delle temperature.
Quando il pericolo è dentro casa: i Campi Flegrei
Finora abbiamo guardato ad aree lontane, lontanissime da noi, ma il pericolo è proprio dietro l’angolo. Come dicevamo, infatti, in apertura di articolo, uno supervulcano, tra i più pericolosi della terra, si trova in Italia e più precisamente a Pozzuoli, vicino Napoli. Ci riferiamo ai Campi Flegrei, una area con una caldera delle dimensioni di 15 chilometri di diametro in stato di quiescenza. Sebbene non presenti un cono visibile come è nel caso del Vesuvio, tutt’attorno vi sono un gran numero di crateri e piccoli edifici vulcanici, alcuni dei quali con manifestazioni effusive gassose (le cosiddette solfatare) o idrotermali. Particolarmente interessante il fenomeno del bradisismo, ossia l’innalzamento e abbassamento del suolo, particolarmente evidente nel caso di Pozzuoli grazie al Tempio di Serapide che viene in parte sommerso dalle acque del mare nei periodi di abbassamento.
Finora i Campi Flegrei sono stati protagonisti di due grandi momenti eruttivi:
l’eruzione dell’Ignimbrite Campana (IC-avvenuta 39.000 anni fa) e l’eruzione del Tufo Giallo Napoletano (TGN-avvenuta 15.000 anni fa).
INGV
L’ultima eruzione, datata al 1538, sebbene di piccola entità, ha segnato il risveglio del vulcano dopo un periodo di quiescenza durato 3.000 anni. La situazione è, ovviamente, sotto continuo monitoraggio degli esperti data la pericolosità del vulcano, aggravata dal fatto che si tratta di un’area densamente popolata. Sono 500mila le persone interessate dalla zona rossa ed altre 840mila in quella gialla. Sebbene, come sappiamo, sia impossibile prevedere future eruzioni, il controllo continuo delle attività vulcaniche può scongiurare futuri incidenti. Certo è che la città metropolitana di Napoli con i suoi oltre 3 milioni di abitanti, stretta tra due vulcani, di cui uno super, può dormire sogni tranquilli, ma fino ad un certo punto. Le rovine di Pompei ed Ercolano fungono da testimonianza… ma anche da ammonimento!
[1] Notizie scientifiche, “Supervulcano enorme potrebbe nascondersi sotto quattro isole dell’Alaska”, 2020. Consultabile al seguente indirizzo https://notiziescientifiche.it/supervulcano-enorme-potrebbe-nascondersi-sotto-quattro-isole-dellalaska/
[2] Ansa, “I giganti capaci di eruzioni catastrofiche”, 2012. Consultabile al seguente indirizzo https://www.ansa.it/scienza/notizie/approfondimenti/terraepoli/2012/10/15/giganti-capaci-eruzioni-catastrofiche_7632557.html
[3]Mara H. Reed, “The 2018 reawakening and eruption dynamics of Steamboat Geyser, the world’s tallest active geyser”. PNSA 2021; 118 (2) e2020943118. Consultabile al seguente indirizzo: https://www.pnas.org/content/118/2/e2020943118/tab-figures-data
[4] Jenny Barretto, Benham Rise unveiled: Morphology and structure of an Eocene large igneous province in the West Philippine Basin. Science Direct, Geologia marina, Volume 419 , gennaio 2020 , 106052. Consultabile al seguente indirizzo: https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/S0025322719300684?fbclid=IwAR2LFCttuLqg1AH7nuD1qBDxM8UZ9ZAHH957TFTQIERQ-F-VKTbVuTWo-3Y
Autore articolo
Martina Shalipour Jafari
Redattrice
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