E se vi dicessimo che esiste un modo per decomporre la plastica in qualche giorno anziché anni? Un sogno che potrebbe diventare (presto) realtà grazie al lavoro di un team di ricerca dell’Università del Texas, il cui studio è stato pubblicato su Nature lo scorso 27 aprile.
In realtà, lo studio ha recuperato e portato avanti con notevole successo, almeno fino ad ora, alcune ricerche precedenti. Lo stesso paper, infatti, cita altri studi avviati nel 2005, che avevano già portato alla scoperta di ben 19 enzimi capaci di “digerire” la plastica. Tuttavia, c’erano sempre stati dei limiti di applicazione. Ma sembra, invece, che questi siano stati ormai superati…
FAST-PETase: che cos’è un enzima?
Innanzitutto, che cos’è un enzima? Così come da definizione, si tratta di una “sostanza di natura proteica […] che ha proprietà di accelerare una reazione chimica specifica senza esser consumata e senza entrare nei prodotti finali della reazione”[1]. Nel linguaggio chimico, proprio in virtù di questa sua proprietà, si dice che l’enzima è un catalizzatore.
Tutti e 19 gli enzimi sopramenzionati sono stati derivati da batteri esistenti in natura, recuperati da frammenti di plastica ritrovati dispersi nell’ambiente. Ecco spiegato, dunque, il perché dei suddetti limiti di applicazione: questi enzimi potevano infatti funzionare correttamente soltanto in presenza di determinate condizioni di temperatura e di acidità[2], e non potevano quindi essere la soluzione definitiva al problema dell’inquinamento da plastica nel mondo.
La ricerca, allora, è andata avanti, avvalendosi, però, dell’ausilio dell’intelligenza artificiale e del machine learning.
FAST-PETase: come funziona?
È così, infatti, che i ricercatori dell’Università del Texas sono riusciti a creare questo enzima dalle capacità uniche. Per arrivare a individuarne e determinarne la struttura, quest’ultimi hanno “dato in pasto” ad un algoritmo 19.000 strutture proteiche, facendogli calcolare quali fossero le migliori posizioni degli amminoacidi per far sì che l’enzima risultasse quanto più efficace possibile in svariati ambienti, testandolo sotto diverse condizioni e ottenendo ottimi risultati.
L’enzima è stato chiamato FAST-PETase, acronimo per “functional, active, stable and tolerant PETase” (in italiano “PETase operativa, attiva, stabile e tollerante”). Questa “proteina ad azione rapida” è infatti capace di decomporre una tipologia specifica di plastica, il PET. Il polietilene tereftalato è una resina sintetica utilizzata nella plastica ma, ad esempio, anche nelle fibre dei vestiti, e compone il 12% di tutti i rifiuti globali[3]. L’enzima FAST-PETase è dunque in grado di depolimelizzarlo.
La depolimerizzazione è un processo chimico di decomposizione, durante il quale le varie molecole uguali o simili tra loro, unite a comporre un polimero (in questo caso il PET), vengono separate da un catalizzatore (l’enzima FAST-PETase) e così decomposte nei singoli monomeri originali. Il processo può essere anche re-invertito, per ri-produrre plastica vergine, ma da zero, senza dover utilizzare altro petrolio.
FAST-PETase: trasformare la plastica da rifiuto a risorsa
La plastica così depolimerizzata è dunque riciclabile. Può essere fusa e rimodellata, senza che il materiale perda di integrità. È in questo modo che il rifiuto può trasformarsi in risorsa.
Per risolvere la crisi della plastica nel mondo, però, bisogna che questo enzima “miracoloso” venga distribuito su larga scala, ma perché ciò avvenga l’enzima dovrà essere economicamente accessibile. Gli esperimenti continuano: finora, infatti, il FAST-PETase è stato già in grado di decomporre 51 tipi di PET, ma dovrà essere testato su una gamma ancora più vasta. Intanto, in Italia, è stata recentemente approvata la “Legge Salvamare”, a tutela degli ecosistemi marini, il cui disegno di legge era stato presentato nel 2018. Ci sono voluti 4 anni per legiferare che pescatori e associazioni di settore potessero raccogliere i rifiuti in mare e destinarli in appositi spazi nei porti. Prima d’ora, infatti, se un pescatore decideva di portare a riva i rifiuti rimasti impigliati nelle sue reti, rischiava di dover pagare una sanzione, come se quei rifiuti fossero stati prodotti dalla sua imbarcazione. Adesso, invece, potrà finalmente mettersi in moto un circolo virtuoso di raccolta, conferimento e riciclo.
[1] Treccani. Consultabile al seguente indirizzo https://www.treccani.it/enciclopedia/enzima/.
[2] Cfr. Audrey Carleton, “È stato scoperto un modo per decomporre la plastica in giorni, anziché secoli”, Vice, 11 maggio 2022. Consultabile al seguente indirizzo https://www.vice.com/it/article/akvm5b/decomposizione-plastica-giorni.
[3] Cfr. Ibidem.
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Autore articolo
Federica Fiorletta
Redattrice
Laureata in Lingue, Culture e Traduzione Letteraria. Anglista e francesista, balzo dai grandi classici ottocenteschi alle letterature ultracontemporanee. Il mio posto nel mondo è il mondo, viaggio – con il corpo e/o con la mente – e vivo per scrivere.