Così come da definizione enciclopedica, l’epidemiologia è quella parte dell’igiene, intesa come ramo della medicina, che “studia la frequenza con cui si manifestano le malattie e le condizioni che favoriscono od ostacolano il loro sviluppo”[1].
L’origine dell’epidemiologia moderna viene convenzionalmente ricondotta alla fondazione della London Epidemiological Society, nel 1850, ma qualcuno sta provando a riscriverne la storia (?). Si tratta di Jim Downs, docente presso il Gettysburg College, in Pennsylvania (Stati Uniti), e autore del libro Maladies of Empire. How Colonialism, Slavery, and War Transformed Medicine, edito dalla Harvard University Press nel 2021.
Il titolo ci dice già tutto, ci esplica la tesi sostenuta dal Prof. Downs, ovvero che il colonialismo, la schiavitù e la guerra hanno trasformato la medicina, ma esattamente in che senso? Scopriamo qualcosa di più in merito.
Il colera a Londra e la nascita dell’epidemiologia moderna
La branca più tradizionale della storia, come detto sopra, riconduce geograficamente l’origine dell’epidemiologia moderna a Londra e, più precisamente da un punto di vista temporale, a quella Londra che, a metà del XIX secolo, dovette fare i conti con una serie di epidemie di colera.
Dopo una prima insorgenza nel 1832, anche nel 1848, infatti, la città fu ancora più violentemente colpita dal cosiddetto “colera”, un’infezione da diarrea acuta che si contrae mangiando o bevendo cibo o acqua contaminati dal batterio Vibrio cholerae. Nel 1848 i morti furono più di 15.000, ma negli anni seguenti il colera sembrò esser stato debellato, almeno fino al 1853, quando, invece, esplose un’altra epidemia.
Fu il medico inglese John Snow (1813-1858), già noto all’epoca per la sua attività pionieristica nell’ambito dell’anestesiologia, a trarne tutte le conclusioni.
“Tu non sai niente”, John Snow
Snow iniziò a raccogliere dati fin dallo scoppio delle prime epidemie di colera. Così, il medico poté osservare come inizialmente i casi fossero concentrati a sud del Tamigi e, in particolare, in quei quartieri serviti da due società di approvvigionamento idrico, la Southwark & Vauxhall Water Company e la Lambeth Water Company, le quali prelevavano acqua dal fiume. In mancanza di un sistema fognario vero e proprio, però, i pozzi neri delle abitazioni venivano svuotati direttamente nel Tamigi. Quando la seconda delle due società ristrutturò i suoi impianti, spostando a nord del fiume il suo punto di rifornimento dell’acqua, i dati ulteriormente raccolti da Snow non fecero altro che appurare la correttezza delle sue ipotesi.
Nel 1853 il cuore nevralgico dell’epidemia di colera si spostò in corrispondenza dell’odierno quartiere di Soho. Il medico ne realizzò una mappa e scoprì che l’acqua contaminata era quella proveniente dalla pompa pubblica di Broad Street, servita, non a caso, proprio dalla Southwark & Vauxhall Water Company[2].
John Snow raccolse tutti i suoi studi in un volume, On the Mode of Communication of Cholera (edito in italiano da Il Pensiero Scientifico Editore con il titolo di Cattive acque. Sul modo di trasmissione del colera). Tuttavia, i membri del mondo accademico-scientifico suoi contemporanei non gli diedero alcun credito. Il medico morì improvvisamente nel 1858, ma perché la teoria dei germi da lui già elaborata venisse completamente riconosciuta si sarebbe dovuto aspettare il 1861 e l’avvento del chimico e biologo francese Louis Pasteur.
Colonialismo, schiavismo e guerra
Una cosa è certa: non ci sarebbe stata epidemiologia senza raccolta ed analisi dei dati. Ma secondo il Prof. Downs bisognerebbe fare un “piccolo” passo un po’ più indietro e ricondurne l’origine all’istituzione della cosiddetta “tratta atlantica” degli schiavi africani, che ebbe luogo tra il XVI e il XIX secolo.
Furono, dunque, proprio gli schiavi a fare da casi studio per determinare le modalità di trasmissione di alcune malattie e fu proprio ai tempi del colonialismo e dell’imperialismo che i medici europei poterono osservare ed esaminare in prima persona manifestazioni di colera verificatesi in Colombia e negli Stati confinanti prima ancora che in quelli occidentali. I registri di patologia e di mortalità redatti sulle navi schiaviste, nelle prigioni e nelle stazioni di quarantena, voluti dagli stessi governi colonialisti, gettarono così le basi per lo sviluppo della moderna epidemiologia.
Partendo dagli albori del colonialismo, l’autore di Maladies of Empire arriva ad eseguire un rendiconto anche degli anni della guerra di secessione americana (1861-1865), quando, ad esempio, i medici sudisti, favorevoli allo schiavismo, si servirono dei bambini afro-americani, infettandoli volontariamente, per condurre le proprie ricerche sul vaccino anti-vaiolo.
In conclusione, per Jim Downs non si tratta di voler così riscrivere la storia, ma di voler svecchiare, umanizzare una narrazione, spostando dai margini verso il centro tutti coloro che, loro malgrado, ne sono stati protagonisti, contribuendo molto più attivamente di quanto non si sia spesso riconosciuto al progresso medico-scientifico della modernità[3].
[1] “Epidemiologia”, Treccani. Consultabile al seguente indirizzo https://www.treccani.it/enciclopedia/epidemiologia.
[2] Cfr. Ezio Bottarelli, “Uno studio epidemiologico storico: le epidemie di Colera a Londra nel 1849 e 1853”, Quaderno di epidemiologia veterinaria. Consultabile al seguente indirizzo http://www.quadernodiepidemiologia.it/epi/storia/colera.htm#:~:text=La%20prima%20epidemia%20di%20colera,lungo%20le%20banchine%20del%20fiume.
[3] Cfr. Mary T. Bassett, “Enslaved people and the birth of epidemiology”, Nature, 25 aprile 2022. Consultabile al seguente indirizzo https://www.nature.com/articles/d41586-022-01113-3?utm_source=Nature+Briefing&utm_campaign=0e13f0ffd2-briefing-dy-20220425&utm_medium=email&utm_term=0_c9dfd39373-0e13f0ffd2-46136706.
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Autore articolo
Federica Fiorletta
Redattrice
Laureata in Lingue, Culture e Traduzione Letteraria. Anglista e francesista, balzo dai grandi classici ottocenteschi alle letterature ultracontemporanee. Il mio posto nel mondo è il mondo, viaggio – con il corpo e/o con la mente – e vivo per scrivere.