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Lavoro: i consigli su come lasciarlo amichevolmente

La pandemia ha rimesso in discussione le nostre priorità e molti stanno lasciando il lavoro in cerca di qualcosa di nuovo: è la Great Resignation

lavoro: colloquio

Se anche tu, come tanti altri, in questo periodo stai pensando di cambiare lavoro è bene tenere a mente alcuni buoni consigli per evitare di lasciarsi in malo modo. Le uscite di scena plateali tipiche dei film saranno sicuramente spettacolari e liberatorie ma poco funzionali per tanti altri motivi.

La pandemia che stiamo attraversando sta avendo forti ripercussioni su tanti aspetti della nostra vita, non solo sanitari, e molti stanno rimettendo in discussione le proprie priorità. Tra questi vi è anche il lavoro. Contro ogni previsione – gli stessi economisti si sono fatti sorprendere – sempre più persone nel mondo industrializzato stanno lasciando il proprio impiego in cerca di qualcosa di nuovo. Lo hanno chiamato Great Resignation o Big Quit. Vediamo di cosa si tratta.

Lavoro: un mercato in trasformazione a causa della pandemia

Stando ad un articolo recentemente apparso sul New York Times, nel 2021, di media, ogni mese 4 milioni di statunitensi si sono dimessi dalla propria occupazione. “L’impennata delle dimissioni negli ultimi mesi, insieme alla continua difficoltà segnalata dai datori di lavoro nel riempire le aperture, sottolinea lo strano e contraddittorio momento che sta affrontando l’economia statunitense dopo due anni di interruzioni indotte dalla pandemia”[1].

I lavoratori stanno rimettendo in discussione l’importanza del proprio impiego, soprattutto i propri orari di lavoro, puntando su un maggiore equilibrio tra tempo libero e la propria occupazione. La forte richiesta di manodopera in molti settori, soprattutto tra quelli retribuiti meno e più colpiti dalla crisi, sta aprendo molte opportunità. Stando ai dati, negli USA chi ha cambiato il proprio lavoro ha avuto l’opportunità di trovarne un altro meglio retribuito e con condizioni contrattuali superiori al precedente. Al contrario, chi, per scelta o impossibilità, è rimasto dov’era non ha ottenuto nessun miglioramento di condizione lavorativa. Anzi, molti si sono visti decurtare parte dello stipendio. Se si considera, anche, l’aumento dell’inflazione, buona parte dei lavoratori – non solo negli Stati Uniti – esce da questo periodo molto più povero di quello precedente.

Lavoro: cosa accade in Europa e in Italia?

Insomma, la fortuna premia gli audaci, o almeno questo sembrano dirci i numeri. Ma cosa succede su questa sponda dell’Atlantico? Il vecchio continente segue altre logiche rispetto alla superpotenza americana. In Europa non è altrettanto semplice cambiare impiego dato un mercato occupazionale molto più stagnante. Anche in Germania, Paese che notoriamente vanta tassi di disoccupazione bassissimi, in pochi si sono lanciati oltre l’ostacolo. Eppure c’è un caso che sta facendo eccezione. Si tratta proprio dell’Italia.

I dati del Ministero del Lavoro relativi al secondo trimestre 2021 indicano l’Italia come l’unica in Europa a mostrare un andamento simile a quello americano. “Nel solo periodo compreso tra l’aprile e il giugno del 2021, poco meno di mezzo milione di lavoratori italiani hanno abbandonato volontariamente l’impiego: un balzo del +37% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, quando le dimissioni volontarie erano state poco più di 200mila […]”[2]. C’è da fare una dovuta precisazione: circa il 44% di queste dimissioni riguardano la sanità pubblica, la più sotto pressione in una fase pandemica, con giovani medici e infermieri soggetti a condizioni lavorative insoddisfacenti.

Il fenomeno dal punto di vista sociologico

Gli operai che tra ‘800 e ‘900 lavoravano in fabbrica operavano in condizioni al limite dell’umano. Pur essendo esausti non avevano familiarità col concetto di burnout tipico del XXI secolo. “L’ideale che ci motiva a lavorare fino al punto di esaurimento è la promessa che se lavorerai sodo, vivrai una vita buona: non solo una vita di benessere materiale, ma una vita di dignità sociale, carattere morale e scopo spirituale”[3].

Eppure, riflettono i sociologi, questa promessa è falsa: Platone la chiamava “nobile menzogna” a giustificare l’assetto di una società. “Lavoriamo per il profitto dei nostri capi, ma ci convinciamo che stiamo raggiungendo il bene più alto”[4]. Parliamo dell’etica capitalistica, tema trattato da Max Weber in “L’etica protestante e lo spirito del capitalismo” (1905) quando riflette sull’influenza del pensiero calvinista sul mondo occidentale. Giovanni Calvino era celebre per la sua dottrina della predestinazione: Dio sceglie alcuni eletti per la salvezza; gli uomini non sanno chi tra loro è stato scelto e tenteranno di “guadagnarsi” la salvezza eterna.

Ed è così che si è fatto strada il mito del grande lavoratore, che produce e crea ricchezza per se stesso e per la propria società. Questa logica sembra essere stata incrinata dalla pandemia da Coronavirus. I ricchi, ci dicono le statistiche, sono diventati ancora più ricchi. I poveri sono rimasti poveri ma con un carico di stress nettamente superiore. Come liberarsi di questa pesante zavorra?

Lavoro: le regole da seguire per lasciarsi… in amicizia

Ma quali sono le buone regole da seguire per lasciare il proprio lavoro senza che ciò comporti un taglio netto con l’esperienza che sta volgendo al termine? Sicuramente una buona base di partenza consiste nel verificare i vincoli indicati nel proprio contratto di lavoro che potrebbe obbligarci ad un certo periodo di preavviso, anche di diversi mesi nel caso in cui si rivesta un ruolo importante all’interno della propria realtà lavorativa[5].

Parlarne di persona con il proprio diretto superiore o manager, riferendoci a un’azienda strutturata, è un passo importante ma bisogna essere convinti di ciò che si dirà. Una volta stabilita la propria versione dei fatti, dei motivi che ci spingono a lasciare l’azienda, bisogna attenersi a quella senza introdurre modifiche se se ne parla con qualcun altro. Se una versione alternativa c’è, si verrà a sapere.

Questo passo implica anche una programmazione futura che porterà l’azienda a fare a meno di noi gradualmente, un po’ alla volta, grazie ad una pianificazione che aiuterà anche i colleghi ad organizzare il lavoro in nostra assenza. Sarà importante anche stabilire una data della nostra partenza.

Per concludere

Cosa ne sarà dei progetti ancora in fase di svolgimento? In certi casi è auspicabile concordare un periodo di tempo cuscinetto in cui continuare a comunicare e collaborare con i vecchi colleghi per il prosieguo del lavoro progettato assieme. Talune aziende potrebbero chiedere di svolgere un colloquio di uscita per capire le ragioni per cui le si sta lasciando.

In queste situazioni la moderazione è auspicabile: è giusto essere quanto più sinceri possibile ma senza sfogare le proprie frustrazioni, soprattutto se la nostra decisione è frutto di un ambiente di lavoro pesante. Se ci fosse bisogno di denunciare situazioni e comportamenti spiacevoli è consigliabile attenersi ai fatti, a situazioni facilmente verificabili e non sul sentito dire. In caso di situazioni gravi come bullismo e molestie è bene parlarne prima con chi gestisce le risorse umane all’interno dell’azienda.

Infine qualche ultimo consiglio. È un proposito difficile da rispettare, soprattutto se si fugge da situazioni spiacevoli, ma è consigliabile evitare di parlar male del proprio ex datore di lavoro. Se si hanno delle rimostranze è preferibile presentarle a momento debito e chiudere definitivamente col passato prima di aprire un nuovo capitolo professionale. Stesso consiglio per gli ex colleghi i quali rappresentano un tesoretto da custodire per il futuro della propria professione.

E tu? Sei soddisfatto del tuo lavoro o stai valutando anche tu un cambiamento?


[1] NYT, “More quit jobs than ever, but most turnover is in low-wage work”, 2022. Consultabile al seguente indirizzo: https://www.nytimes.com/2022/01/04/business/economy/job-openings-coronavirus.html

[2] Euronews, “Lavoro, la “Great resignation” americana non arriva in Europa: è l’Italia l’unica eccezione?”, 2021. Consultabile al seguente indirizzo: https://it.euronews.com/next/2021/11/29/lavoro-le-dimissioni-di-massa-post-pandemia-non-arrivano-in-europa

[3] Jonathan Malesic, “Your work is not your god: welcome to the age of the burnout epidemic”, The Guardian, 2022. Consultabile al seguente indirizzo: https://www.theguardian.com/lifeandstyle/2022/jan/06/burnout-epidemic-work-lives-meaning?utm_source=linkedin&utm_campaign=burnoutendemic

[4] Ibidem, op. cit.

[5] Bianca Nogrady, “Exiting gracefully: how to leave a job behind”, Nature, 2021. Consultabile al seguente indirizzo: https://www.nature.com/articles/d41586-021-03788-6?utm_source=Nature+Briefing&utm_campaign=2668574f02-briefing-dy-20220106&utm_medium=email&utm_term=0_c9dfd39373-2668574f02-46136706

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Autore articolo

Martina Shalipour Jafari

Martina Shalipour Jafari

Redattrice

Giornalista pubblicista ed esperta di comunicazione digitale.
Instancabile lettrice e appassionata di cinema.
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