di Alessandro Orsetti
Forse a molti di coloro che stanno leggendo, il concetto di “Metaverse” (un portmanteau di “meta” e “universe” – Metaverso) può sembrare recente o addirittura nato negli ultimi anni o mesi.
In realtà, il termine fa la sua prima comparsa nel libro Snow Crash di Neal Stephenson nel 1992: nella sua opera Stephenson ce ne fornisce una descrizione come una realtà virtuale costruita su internet dove ogni utente ha un proprio avatar che lo riproduce in tre dimensioni.
In senso “più filosofico”, il metaverso può essere visto come uno spazio virtuale trascendente che va oltre quello che è lo spazio fisico.
L’idea di metaverso va in qualche modo a soddisfare una necessità di socialità ad un livello superiore rispetto a quelli che sono i limiti che ci vengono imposti dallo spazio fisico.
Metaverso e il rilancio di Facebook
Una opportunità che il colosso dei social Facebook ha voluto cogliere per poter rilanciare il brand. La mossa di Facebook è stata talmente ardita da portarlo a cambiare il nome dell’azienda in Meta Platforms (per semplicità Meta), facendo chiaro riferimento al metaverso e al concetto di andare oltre il classico modello portato avanti nel corso degli anni. Associato al cambio di nome c’è stato anche quello del logo: il simbolo dell’infinito (svelato nel loro HQ a Menlo Park, California, il 28 ottobre 2021). La voglia di trascendere e puntare all’infinito, di muoversi su un’altra dimensione che non ci è mai appartenuta e che mai abbiamo vissuto, è stata vista come il miglior modo di far capire cosa il vecchio Facebook ambiva ad essere e aspirava a diventare.
Zuckerberg nel suo modello di business voleva che ci fosse qualcosa di più che l’insieme di app e servizi social, forse spinto dalla serie di accuse nei suoi confronti per la gestione “poco trasparente” dei dati degli utenti e di molte altre informazioni rivelate da Frances Haugenm, ex data engineer e scientist di Facebook, alla SEC. Ricordiamoci anche che il metaverso sviluppato da Meta sarà una creatura, una proprietà diretta di Zuckerberg, che estenderà la sua sfera di influenza ed il suo potere decisionale su un’altra dimensione, attualmente “terra di nessuno”.
Metaverso: un universo di servizi nella terra di nessuno
Il discorso cambia quando si guarda alle alternative che già esistono e che si stanno sviluppando in parallelo a Meta. Il più grande picco di commistione tra innovazione concettuale e tecnologia lo troviamo nei metaversi sviluppati su blockchain. Una blockchain è una struttura dati condivisa tra tutti i nodi di una rete, decentralizzata, immutabile, trasparente e cosa fondamentale sicura grazie alla crittografia.
Proprio per le caratteristiche intrinseche della blockchain il metaverso può esprimersi al meglio: la struttura decentralizzata e la presenza degli NFT consentono di trasferire il possesso del metaverso, da una entità centrale che “ospita” gli utenti, agli utenti stessi.
Prima ho menzionato gli NFT: gli NFT o Non Fungible Token possono essere considerati come certificazione di proprietà digitale di un asset. La caratteristica principale di un NFT è che risulta essere unico e non sostituibile.
Metaverso ed il concetto di LAND
La maggioranza dei metaversi blockchain ruota attorno al concetto di LAND che altro non è che una porzione del metaverso venduta sottoforma di NFT: chi acquista una determinata LAND può farci letteralmente quello che vuole personalizzando il suo spazio nel modo più congeniale possibile. Si possono riportare diversi nomi tra i quali Decentraland e The Sandbox.
Decentraland è il primo metaverso sviluppato su blockchain (Ethereum) nel 2017. Il progetto è pensato per content creator, aziende e individui che sono alla ricerca di un nuovo mezzo di espressione artistica originale e non censurabile, opportunità di business o più semplicemente fonte di intrattenimento. Infatti su Decentraland vengono ospitati eventi di diverso tipo ai quali partecipano decine di migliaia di utenti. Oltre a fornire uno sblocco creativo, molti utenti di Decentraland attualmente monetizzano le proprie LAND affittandole, fornendo pubblicità ed esperienze a pagamento. Allo stesso modo, altri utenti generano una forma di reddito creando e vendendo NFT sul marketplace (una sorta di e-commerce su blockchain).
Il caso The Sandbox
The Sandbox è stato lanciato nel 2011 da Pixowl ed è un mondo virtuale basato su blockchain che consente agli utenti di creare, costruire, acquistare e vendere asset digitali sottoforma di gaming. L’obiettivo principale della piattaforma è introdurre con successo la tecnologia blockchain nel gaming tradizionale offrendo un modello “play-to-earn” creativo, che consente agli utenti di essere sia creator che player allo stesso tempo.
Per molti viene considerato come l’anello di congiunzione tra il Mobile Gaming ed il Metaverse Gaming sfruttando una grafica a blocchi, i famosi Voxels. Scaricando l’editor è possibile creare letteralmente qualsiasi cosa ponendo come unico limite l’immaginazione e fantasia non è infatti difficile imparare ad utilizzare l’editor. Concentrandosi sui contenuti generati dagli utenti, Sandbox ha creato un metaverso che li vede coinvolti nel contribuire all’ulteriore sviluppo della piattaforma.
La piattaforma risulta così tanto appetibile come investimento che grosse aziende e grandi marchi vi hanno fatto il loro ingresso: ad esempio Atari, il browser Opera, Square Enix e da qualche giorno anche Adidas. E come se non bastasse è stata anche lanciata una partneship con Snoop Dogg.
Come avete modo di leggere, il metaverso ad oggi rappresenta un trend che tutti i settori stanno cercando di cavalcare. In un prossimo futuro potrebbe rappresentare uno standard in cui specialmente le tecnologie blockchain saranno l’impalcatura sulla quale poter scolpire la propria realtà.