di Alessandro Orsetti
Una delle caratteristiche distintive della società del XXI secolo è la mole di dati che vengono prodotti, raccolti, analizzati, profilati e infine utilizzati per le più svariate funzioni.
Questo flusso di dati in movimento sempre più veloce è la rappresentazione di tutta una serie di informazioni che descrivono, catalogano e/o quantificano la realtà che ci circonda.
Queste informazioni possono essere estrapolate ormai ovunque e, infatti, sono sempre più numerose le aziende pioniere che, in ogni settore professionale, stanno cogliendo l’opportunità di costruirsi un business proprio intorno ai dati.
Ogni singola persona è una potenziale miniera di dati, a partire dai quali è possibile generare guadagni in ogni settore commerciale: ecco che le informazioni di un individuo diventano merce di scambio tra chi le raccoglie e profila e chi le utilizza per migliorare i propri modelli di vendita di prodotti e servizi.
Esistono diverse tipologie di dati, come quelli commerciali, quelli scientifici e quelli personali. Quest’ultimi includono anche dati medici e clinici, ai quali, con la scoperta del DNA e l’avvento delle tecnologie di sequenziamento del genoma, si sono poi aggiunti anche i cosiddetti “dati genomici” (dall’inglese genomics data).
Dati genomici: il genoma e il suo sequenziamento
Un genoma è il set completo di acido desossiribonucleico (DNA) che ogni organismo vivente possiede. Il DNA è un composto chimico contenente le istruzioni genetiche fondamentali per lo sviluppo e il coordinamento delle funzioni di un organismo. Si caratterizza per la sua particolare struttura a doppia elica, composta da due filamenti tra loro intrecciati e accoppiati.
Le unità chimiche che lo compongono sono chiamate basi nucleotidiche e sono 4: adenina (A), timina (T), guanina (G), citosina (C). L’accoppiamento delle basi su filamenti opposti è sempre specifico: A con T e C con G. Il genoma umano è composto da circa 3 miliardi di queste coppie.
All’interno del nucleo di ognuna delle nostre cellule, l’insieme di queste coppie di basi è a sua volta suddiviso in 23 coppie di cromosomi, contenenti un numero di geni (da centinaia a migliaia) che codificano le istruzioni per produrre proteine con diverse funzioni nell’organismo. Il numero totale di geni nell’uomo è di 20-30K.
Sequenziare significa determinare l’ordine esatto delle coppie di basi in un dato segmento del DNA o nella sua interezza. I principali progetti di sequenziamento sono stati condotti da enti pubblici (primo tra tutti l’Human Genome Project, 1990-2003) e hanno richiesto l’investimento di ingenti capitali. I dati ottenuti dai progetti finanziati con fondi pubblici sono pubblicati su database liberamente accessibili o su riviste scientifiche (non sempre disponibili gratuitamente).
Dati genomici: la questione della proprietà
Dal momento che, grazie alla continua innovazione tecnologica, i costi del sequenziamento stanno diventando più economici, alcune aziende hanno iniziato ad offrire servizi a pagamento per il sequenziamento di tutto o parte del genoma. Con l’ampliarsi dell’offerta anche ai singoli individui, però, è sorto il problema relativo alla questione della proprietà di questi dati.
Le aziende, infatti, una volta firmato un consenso informato, utilizzano i dati da loro prodotti archiviandoli e catalogandoli, libere di farne uso “improprio” senza che i diretti proprietari ne siano informati.
Si è dunque venuto a creare un dibattito sulla suddetta questione. L’opinione più diffusa a riguardo è che ognuno di noi debba avere il diritto di beneficiare dei propri dati genomici. Ma nell’era della medicina personalizzata l’accesso a tali informazioni rappresenta un nuovo “oro digitale” per le aziende farmaceutiche: si tratta, infatti, della “materia grezza”, a partire dalle quale si possono sviluppare nuove terapie e farmaci.
Ecco, quindi, che le informazioni genomiche rappresentano sia una potenziale fonte di guadagno che un possibile fattore di rischio per la privacy dell’individuo. Proteggere e rendere accessibili (su richiesta del possessore) questi dati, pertanto, è fondamentale: rappresentano ciò che siamo; sono la prova più concreta della nostra identità.
Nei peggiori degli scenari ipotizzabili, se rubati e/o finiti nelle mani sbagliate, i dati genomici potrebbero essere usati per collocarci su una scena del crimine, non consentirci di avere accesso ad un’assicurazione in quanto predisposti ad una data patologia, non essere assunti o venire licenziati a causa del proprio profilo di salute, ecc.
Dati genomici: il ruolo delle tecnologie blockchain
La soluzione è stata introdotta dalle tecnologie blockchain. Una blockchain è una struttura dati condivisa tra tutti i nodi della rete, decentralizzata, immutabile e trasparente, nonché sicura per merito della crittografia.
Diverse compagnie ne stanno combinando le potenzialità in termini di sicurezza, trasparenza e decentralizzazione per consentire la condivisione delle informazioni genomiche tra due parti in modo sicuro e anonimo. Alcuni esempi di compagnie sono: Zenome, Nebula Genomics, DNAtix e Genomes.io.
La struttura decentralizzata della blockchain fa sì che sia l’individuo il reale ed unico proprietario dei propri dati genomici, facendo anche sì che questi possa disporne a proprio piacimento. Questo perché il proprio DNA viene crittografato e associato ad un wallet (un portafoglio digitale che ci permette di accedere a tutte le informazioni sul nostro DNA).
Si tratta, insomma, di una grande novità rispetto al funzionamento del “modello tradizionale”, sulla cui base qualsiasi test genetico e qualsiasi sequenziamento, come detto, possono risultare compromettenti per la propria privacy, consentendo di risalire ad un nominativo, senza però concedere alcun tipo di controllo sull’utilizzo delle proprie informazioni.
Con la blockchain, invece, il singolo individuo può decidere di partecipare o meno ad un determinato studio, sempre in maniera anonima, come anche di essere ricompensato per averlo fatto (ma nel caso di enti pubblici o università, ad esempio, c’è sempre la possibilità di partecipare ad indagini a titolo gratuito per supportare la ricerca).
Dati genomici: perché condividerli e come?
Questo nuovo scenario sta aprendo le porte a tanti nuovi interrogativi: chi vorrà condividere le proprie informazioni genetiche? chi lo farà a pagamento e chi gratuitamente?
Uno studio pubblicato su PLOS ONE mostra che l’11,7% dei partecipanti sarebbe felice di condividere le proprie informazioni genetiche gratuitamente, mentre il 37,8% non condividerebbe in nessun caso i propri dati e il 50,5% lo farebbe a pagamento.
Pur trattandosi ancora soltanto di un primo passo, quest’ultimo, però, è già indice di una sempre più diffusa consapevolezza circa quello che è il valore dei propri dati e circa quelle che sono le possibilità ad oggi esistenti per proteggerli, conservarli e condividerli.
Gli esperti del settore ritengono che la combinazione delle tecnologie di sequenziamento del genoma e blockchain saranno la base per future nuove ricerche nel settore biomedico, così come per una maggiore e più consapevole inclusione di tutti i partecipanti ai futuri studi.